Dopo aver ottenuto il finanziamento per una retrospettiva su Paolo Gioli in Cina e in attesa di allestire l’anteprima di quell’ambizioso progetto espositivo anche a Bisceglie, il Cineclub Canudo, gestito con tenacia e passione da Antonio Musci e Daniela Di Niso, si aggiudica per la seconda volta il bando Italian Council, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT. Questa volta il progetto, dal significativo titolo Arché/Téchne, è un omaggio a Michele Sambin, artista totale (come lo avrebbe definito Ricciotto Canudo) che ha attraversato i diversi campi della creatività facendoli interagire tra loro: dalla pittura al disegno, dal cinema al video, dal teatro alla musica. “Un risultato che non sarebbe stato possibile senza il contributo decisivo dell’artista, del curatore, Bruno Di Marino, da lungo tempo anche colonna portante di Avvistamenti, del Museo Castromediano di Lecce, del suo competente e lungimirante direttore Luigi De Luca e di tutto lo straordinario staff del Museo, a partire da Lorenzo Madaro, Alice Bottega e tutti gli altri preparatissimi componenti di questa grande e appassionata famiglia di professionisti che è il Castromediano di Lecce”, scrive Antonio Musci annunciando la notizia. 

Un risultato arrivato grazie anche alla preziosa e determinante collaborazione del festival internazionale Instants Vidéo Numériques et Poétiques, fondato nel 1988 a Marsiglia e diretto da Marc Mercier e Naïk Msili, che ha già ospitato più volte in passato le opere di Michele Sambin, dimostrando una particolare attenzione/affinità nei confronti dell’artista. Il Museo Castromediano di Lecce acquisirà l’opera Il tempo consuma (1978), prima testimonianza di videoloop: un’opera estremamente significativa nella storia della performing art, emblematica dell’innovazione apportata da Sambin al linguaggio artistico della performance, per effetto del suo sapiente utilizzo creativo delle nuove tecnologie. La tecnica del videoloop, ideata dallo stesso Sambin, consiste nell’utilizzo di due videoregistratori a bobina aperta, sui quali far passare un anello di nastro magnetico. Uno dei due lettori è collegato a uno dei due monitor in diretta, l’altro schermo trasmette invece in differita.

Michele Sambin è l’artista che più di tutti ha stravolto il corso delle nostre vite, scavalcando steccati e stereotipi di certo sistema sclerotizzato dell’arte, cui ha opposto la fierezza di una visione prismatica della complessità dell’esistenza, liberando ciò che solitamente si tende a ingabbiare in una prospettiva unica, gerarchizzata”, racconta Musci. “Tutta l’esperienza artistica di Sambin si realizza nella potenza liberatoria del gesto creativo, che nel suo caso si traduce immediatamente in libertà tout court. Sambin è l’artista più libero del pianeta, si è sempre tenuto alla larga dalle mode e dalle tendenze effimere del sistema dell’arte, dando vita a innovazioni e sconfinamenti linguistici senza mai inseguirli in maniera artificiosa, conservando sempre una dignità e un contegno assai rari nel panorama artistico contemporaneo, in cui a farla da padrone sono spesso la superficialità delle pubbliche relazioni e la banalità di codici più confacenti a un certo tipo di comunicazione pubblicitaria”. 

Il legame tra Sambin e il Cineclub Canudo di Bisceglie risale al 2015, quando fu ospite della tredicesima edizione della Mostra Internazionale del Video e del Cinema d’Autore Avvistamenti con la video performance Looking for Listening 1977-2015 per voce, violoncello, sassofono e telecamera, in cui si esibiva con il suo alter-ego di 37 anni prima. Nel Laboratorio Urbano di Palazzo Tupputi fu allestita per l’occasione la mostra “Solo”: una sintesi up to date, un’introduzione all’estetica di Sambin e alla sua opera, aggiornata e nuovamente manipolata. Riprendere cose fatte nel passato, che tuttavia non hanno perso la loro forza, per rielaborarle in un tempo presente, significa per Sambin marcare il rifiuto di un tempo lineare, narrativo.

Un percorso, quello intrapreso dal Cineclub Canudo, che adesso trova il suo naturale sbocco, considerando che fu proprio con Looking for Listening che Sambin iniziò quel discorso sullo sdoppiamento che lo condusse alla necessità di creare macchine che gli consentissero una propria drammaturgia. Così la tecnica del videoloop, in qualche modo ispirata alle strumentazioni musicali di Terry Riley, divenne il fulcro della poetica che avrebbe condizionato tutto il suo lavoro successivo, fino ad elevarsi a modo di intendere la vita stessa, trattando il tempo in maniera circolare.

“Che altro aggiungere, se non che siamo felicissimi del fatto che gli sforzi fatti finora non sono stati vani e che a questo importante appuntamento siamo arrivati nonostante il disinteresse e talvolta l’aperta ostilità di alcuni che avrebbero dovuto onorare il proprio ruolo di responsabilità istituzionale, prestando ascolto alle nostre istanze e invece ancora oggi fingono di non vedere, di non sapere, di non capire. Bene, anche a questi ultimi va la nostra riconoscenza, perché l’indifferenza sorda delle istituzioni locali non ci ha mai indebolito, anzi, ci ha sempre rafforzato”, conclude Antonio Musci.