Il giornalista e saggista Giulio Di Luzio ha inviato alla nostra redazione un proprio contributo in cui si porta alla conoscenza della cittadinanza la storia di un giovane immigrato congolese di 26 anni, accolto da una famiglia biscegliese, impegnato da tempo nella lotta allo sfruttamento e nella rivendicazione della dignità del proprio lavoro.

“Non c’è spazio alla autocommiserazione per questo giovane congolese di 26 anni, accolto da una famiglia biscegliese. È diventato un assillo per i padroncini locali, che organizzano vagonate di africani per la raccolta delle olive”, scrive Di Luzio. “A metà strada tra agitatore e sindacalista, Ubithè Kabengele, residente a Bisceglie, indica la strada del futuro della vera integrazione, quella non solo di facciata, quella in cui le regole non le stabiliscono gli autoctoni: quella è una integrazione inferiorizzante, dicono i sociologi”.

Di Luzio cita quindi le parole dello stesso Ubithè Kabengele: “I tempi sono cambiati non siamo più disposti a giornate di lavoro durissimo con una paga inferiore rispetto ai biscegliesi. Ora sono i padroni a venire da noi alle nostre condizioni, anche perché i biscegliesi sono sempre meno ad essere disponibili alla raccolta. Dobbiamo innanzitutto conoscere la Storia dei nostri popoli, per liberarci dalla povertà creata dalle continue ruberìe dei Paesi coloniali. Noi, per esempio, siamo stati una colonia belga e quel passato coloniale è ancora presente tra i congolesi. Solo la cultura e la conoscenza della Storia possono aiutarci a salvare l’Africa”. 

È quello che sottolinea tra i suoi connazionali, spesso sprovvisti della consapevolezza per avanzare una richiesta o una rivendicazione, per contrattare il salario, per convincere proprietari rapaci a concedere un tugurio per abitazione, per convincere che la convivenza è la strada da percorrere. 

“Lo fa anche con tanti biscegliesi ancora intrisi di sospetto, arroganza, delirio di idiozia e supremazia della razza”, prosegue Di Luzio. “Non si scompone il giovane di origine africana ma dialoga e invita alla tolleranza, al dialogo, al confronto. Scardina stereotipi e certezze razziali, incanta i più riflessivi e destabilizza i più fanatici ma porta tutti a riconsiderare le proprie verità assolute. Incontratelo e parlategli”.