La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza con la quale il Tribunale del Riesame di Bari, il 2 luglio, aveva confermato gli arresti domiciliari per suor Marcella (Rita Cesa), ex madre generale della Casa Divina Provvidenza, indagata nell’ambito dell’inchiesta sul crac dell’ente ecclesiastico fondato da Don Pasquale Uva e accusata di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta e induzione indebita.

Un provvedimento simile a quello che sempre la Corte di Cassazione prese il 18 novembre 2015 quando annullò la conferma degli arresti domiciliari del Tribunale del riesame di Bari per il senatore Antonio Azzollini (leggi qui).

Ad avviso dei supremi giudici, nel caso di suor Marcella, è necessario che sia meglio approfondito il ruolo della ex superiora, che nel frattempo rimane in custodia cautelare. In particolare, la Cassazione sottolinea che il Tribunale di Bari ha ritenuto che la nascita dell’associazione per delinquere risalirebbe “all’estate del 2009 su iniziativa dell’Azzollini e di alcuni suoi accoliti, che si sarebbero sostanzialmente ‘impossessati’ della gestione della Congregazione”, mentre a suor Marcella è mossa l’accusa di essere stata la promotrice del sodalizio criminale fin dal 1999 “ben prima della comparsa dell’Azzollini”.

La questione delle date, rileva la Cassazione, “non è ‘irrilevante’ dal momento che “ciò che implicitamente sembra presupporsi” è che “in definitiva” solo nel 2009 “si sia realizzato l’accordo associativo e non già la mera adesione dell’uomo politico e della sua variegata ‘corte’ ad un sodalizio già attivo, di cui lo stesso avrebbe assunto la guida”. “Ma se nessuna associazione preesisteva alle vicende consumatesi nell’estate del 2009 e se l’iniziativa della sua costituzione deve essere attribuita all’Azzollini, come per l’appunto sembra implicitamente ritenere il tribunale, non appare dimostrata”, argomenta la Cassazione, “l’effettiva intenzione dell’indagata di aderirvi”.

“Infine, dato che suor Marcella è stata estromessa già dal 2013 dalla gestione della Congregazione, commissariata, occorre rivalutare”, conclude la Cassazione, “se ancora sussista la necessità di tenerla in arresto”. Il Tribunale del Riesame di Bari, dunque, dovrà tornare a esaminare la questione e dovrà ripronunciarsi sulla misura cautela disposta dalla Procura di Trani.