“Ero un piccolo chierichetto che serviva messa alla Madonna di Passavia, dove don Salvino celebrava la messa delle 11.
Il 1 gennaio dell’80, nella sua omelia, indicó dei ‘consigli pratici’ per la giornata della Pace. Invitó a disertare la leva obbligatoria, a non pronunciare più la parola Patria e a credere nella patria degli ultimi. E chiese ai benestanti parrocchiani di ospitare in casa una famiglia di sfollati senza tetto, avendone lo spazio. Dai banchi in molti iniziarono a rumoreggiare. E un signore, particolarmente indispettito, si alzò e disse “Pannella lo sentiamo già in televisione”.
Sereno e serafico don Salvino non si scompose, disse solo ‘ho capito’, e avviò la recita del credo”. Con questo ricordo comincia la nota di Sergio Silvestris nel ricordo di don Salvino, scomparso improvvisamente ieri pomeriggio.

“E non si faceva neppure problemi a cambiare i Salmi, correggendo i Profeti. ‘Beato l’uomo che teme Dio’ diventava ‘beati coloro che hanno fiducia nell’amore di Dio’. Perché don Salvino era così, senza mezze misure. O tutto o niente. E Lui si è dato tutto. Con le sue prediche pacifiste, i suoi inviti espliciti alla diserzione alla leva, la sua allergia a qualsiasi gerarchia, il suo rifiuto di ogni autorità e ogni imposizione, e il suo credo nel Dio-amore che lo hanno reso forse scomodo ma certamente originale. Tanto da essere il primo prete di Bisceglie a non indossare il colletto bianco e a rifiutare in titolo di “don”. Per tutti era solo Salvino”.

Ma don Salvino ha già compiuto due miracoli in vita: ha fatto nascere dal nulla la prima struttura di accoglienza e assistenza a poveri, immigrati e derelitti; e ha recuperato dall’oblìo, dalla decadenza, dal vandalismo e dalla depredazione delle opere d’arte (che recuperò da case private e da una scuola media) una chiesa tornata al suo splendore barocco e una struttura, quella dei Cappuccini, tornata al suo antico splendore. E lo ha fatto senza assistenza pubblica e senza 8×1000: con il sostegno di tanti benefattori e con l’opera infaticabile di una comunità di giovani e di amici che lo seguiva verso qualunque traguardo lui indicasse”.

“Mi mancheranno il suo sorriso e la sua schiettezza. E anche quel modo originale con cui ci salutavamo. Ad ogni telefonata – conclude Silvestris – io lo salutavo con un antiquato e tradizionale ‘Cristo regni!’. E lui mi rispondeva con uno strafottente ‘altrettanto!’.
Ciao Salvino. Che il Signore ti abbracci col suo amore.