Il 19enne biscegliese Paolo Amoruso è stato protagonista di una incredibile e incresciosa storia in territorio americano. Mercoledì scorso, infatti, il giovane era in viaggio verso gli Stati Uniti, dove avrebbe dovuto passare qualche settimana in compagnia di una sua parente, Lorraine Williams, che vive in Iowa, a Washington (località in cui ha un ristorante italiano, il “cafè Dodici”) per ampliare la sua conoscenza della lingua inglese e vivere una piacevole esperienza con i famigliari. Arrivato all’O’Hare International Airport di Chicago, però, Paolo è stato trattenuto dagli agenti dell’ufficio immigrazione a causa di una probabile incomprensione. Gli ufficiali, infatti, sostengono che Paolo abbia riferito loro di essere sbarcato in America per motivi di lavoro e di aver addirittura firmato un “affidavit” (dichiarazione scritta) per confermare ciò. E così il giovane biscegliese è stato tenuto in una stanza senza possibilità di comunicare con nessuno.

“Mi hanno chiamato al telefono dall’ufficio immigrazione per dirmi che mio nipote era trattenuto ed io ero tranquilla e pensavo di prenotargli un albergo”, ha dichiarato la Williams ad una emittente americana. “Ma poi mi hanno cominciato ad interrogare e a chiedere che cosa era venuto a fare mio nipote, dicendomi che aveva riferito di dover lavorare per me. Io ho risposto che non era così, che non era quello il caso. Del resto ho un locale in piazza, in centro, e non ho nulla da nascondere. Al massimo mi avrebbe aiutato in casa, ma di certo non avrebbe lavorato nella mia attività. Ho detto loro che il ragazzo era venuto in Usa per vivere la sua esperienza americana, non per lavorare”.           

La stessa Williams, però, non ha potuto verificare le affermazioni degli agenti, in quanto le è stato impedito di parlare direttamente con il ragazzo, che non ha potuto quindi contattare nessun famigliare per le oltre 18 ore di detenzione. “Immagino che abbiano cercato di mettergli paura, facendogli firmare un documento per poter vedere di nuovo la famiglia. In passato ho vissuto situazioni del genere e posso assicurare che incutono paura alle persone adulte, figuriamoci ad una persona così giovane”, ha detto Lorraine Williams, che ha subito contattato le istituzioni locali per avvertire della situazione, tra cui gli uffici dei senatori Charles Grassley e Joni Ernst e del deputato David Loebsack. Per motivi di privacy, infatti, l’unica informazione concessa dagli agenti alla parente americana è stata quella relativa al volo del rimpatrio. “Non ha potuto fare una telefonata, ogni chiamata è stata impedita con la scusa della sua privacy”, ci ha riferito la Williams. “Neanche un avvocato aveva la possibilità di parlare con lui”. Paolo è stato imbarcato su di un volo di ritorno diretto a Francoforte, delegando ai parenti la responsabilità di trovare un modo per portarlo finalmente di nuovo in Italia. Il rimpatrio, inoltre, è avvenuto con anticipo rispetto a quanto comunicato in precedenza dagli agenti. “È interessante anche questa partenza che è avvenuta prima del previsto”, ha proseguito la parente americana, parlando ai nostri microfoni. “Hanno avuto chiamate da tante persone, anche dai politici. Era quindi meglio farlo andare via, quando invece mi avevano detto non era possibile partire con un altro volo rispetto a quello stabilito”.

Il giovane era provvisto di regolare passaporto, della documentazione ESTA (autorizzazione al viaggio elettronica) e di un biglietto di ritorno per l’Italia datato 13 maggio, in osservanza delle regole vigenti in materia di turismo, che non prevedono per un cittadino europeo nessun “visa” per una permanenza inferiore ai 90 giorni. Per questo Lorraine Williams giudica improbabile l’eventualità che Paolo abbia detto agli agenti di essere in America per lavoro, poiché il giovane era ben consapevole che ciò non sarebbe stato possibile. La parente americana ha immediatamente comunicato la spiacevole vicenda alla famiglia biscegliese di Paolo, che si è detta esterrefatta per quanto accaduto. La cugina del ragazzo ha commentato su Facebook che è “incredibile che un giovane di diciannove anni venga trattato come un criminale”. Ma Lorraine Williams riserva parole durissime anche nei confronti del neo presidente: “Il nostro 45… noi qui non possiamo chiamarlo presidente, perciò ci limitiamo ad identificarlo con un numero… sta costruendo un Paese sulla paura. Perché deve far vedere che è il capo. Ma noi qui organizzeremo un crowd funding per pagare il suo biglietto, anche nel caso voglia tornare di nuovo. È il solo modo per dimostrare che non funziona così”. “Spero che questo faccia capire alla gente che quello che succede nel nostro paese in questi giorni non è uno scherzo, è reale e coinvolge tutti noi”, ha concluso amaramente la zia di Paolo Amoruso parlando con Bisceglie24.