Il 30 aprile 1945 l’Armata Rossa entra nella città di Berlino, il 2 maggio i soldati dell’URSS piazzano la loro bandiera sul reichstag, edificio simbolo del governo nazista, in quel momento accanto ai soldati c’è un fotografo, si chiama Evgenij Chaldej ed imprime su pellicola una delle foto più significative della storia dell’umanità. 70 anni dopo lo scatto di quella storica foto, il Laboratorio Urbano di Palazzo Tupputi ha inaugurato una mostra con gli scatti del fotoreporter di guerra Evgenij Chaldej.

Chaldej fu il fotografo ufficiale dell’armata rossa nel periodo dal 1941 fino al 1946, cinque anni di guerra, di sangue, atrocità, morte e distruzione poi, infine, la liberazione, il processo di Norimberga e la conferenza di Postdam tra i leader delle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, Chaldej ha immortalato per l’eternità tutti questi momenti cruciali della storia mondiale.

Esposte a Bisceglie le foto più significative del periodo della guerra, una vera e propria finestra su un passato tutto sommato recente, uno sguardo artistico ma allo stesso tempo nudo e crudo nella sua agghiacciante realtà, le foto di Chaldej ci ricordano quello che è stato l’ultimo conflitto mondiale e quanto sia importante lavorare quotidianamente perché certe tragedie non debbano più ripetersi nella storia dell’umanità.

Curatrice della mostra la storica Marina Rossi, la studiosa che ha conosciuto personalmente Chaldej (il fotografo è defunto nel 1997).

Chaldej non ha mai avuto una vita facile, nacque nel 1917, anno turbolento per la Russia, lui fu salvato dalla madre che fece scudo con il suo corpo alle pallottole che avrebbero colpito il figlio. La sua famiglia fu sterminata dai nazisti, lui come ebreo ha subito l’antisemitismo ciclico del suo paese e poi ovviamente ha toccato con mano tutti gli orrori della guerra“, ci ha spiegato Marina Rossi ed ha poi proseguito “Era un talento molto precoce, a soli 13 anni costruì da solo la sua prima macchina fotografica con una scatola di scarpe e gli occhiali della nonna, poi nel 1937 entrò nella TASS, la famosa agenzia di stampa russa, di cui sarà il corrispondente dal fronte. Sia la mostra che il film documentario realizzato da Umberto Asti ripercorrono i momenti chiave della carriera di Chaldej, dagli anni 30 sino al periodo del 1941-1946 dove al seguito dell’Armata Rossa fotografò alcuni momenti storici del secondo conflitto mondiale. I suoi reportage, celeberrimi in tutto il mondo dopo il crollo dell’URSS, evidenziano il suo modo di rapportarsi all’evento: si fotografa per la storia e per la documentazione ma sempre con la giusta pietas umana e condividendo il dolore di chi viene fotografato. Nell’uomo Chaldej, io ed il regista Asti abbiamo colto il grande dolore per il crollo delle illusioni e delle speranze che gli anni 30 gli avevano suscitato, aveva visto la guerra e tutte le sue barbarie e soffriva per le nuove guerre locali derivate dal crollo dell’ex URSS. Chaldej era un uomo di pace, ripudiava la guerra, era un fermo credente dell’ideologia comunista ma finì per odiarne il regime”.

Dopo l’inaugurazione della mostra c’è stata anche la proiezione del documentario “La Vittoria non ha le ali”, film di Umberto Asti sulla vita del fotoreporter russo. Consigliamo caldamente la visione della pellicola di Asti prima di intraprendere la visita della mostra nelle stanze di Palazzo Tupputi, il documentario mostra con estrema efficacia le storie dietro alcuni dei più celebri scatti di Chaldej ed inevitabilmente, allo stesso tempo, mette a nudo l’uomo prima ancora che il fotografo. La straordinaria empatia del fotografo dell’Armata Rossa traspare chiara e cristallina nell’opera di Asti.

La mostra sul fotografo di guerra di origini ucraine è aperta al pubblico e visitabile gratuitamente dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 20 di tutti i giorni escluso il lunedì sino al 14 maggio Un’occasione unica per ammirare, nell’era di instagram e della fredda fotografia digitale, alcuni degli scatti più belli e significativi di tutti i tempi.