La terapia con anticorpo monoclonale anti-PD-1 (che blocca l’interazione tra il recettore PD-1 ed il suo ligando PD-L1, che è presente sulle cellule tumorali e le “nasconde” alle cellule T che dovrebbero distruggerle) è ad oggi uno degli strumenti terapeutici più efficaci in alcuni tipi di tumore particolarmente resistenti o poco rispondenti alle terapie tradizionali. Adesso un nuovo studio scientifico, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e che ha come prima firma quella del ricercatore biscegliese dott. Mauro Di Pilato, apre nuove interessanti possibilità per rendere questo tipo di terapia più efficace nei pazienti (ancora numerosi) che non rispondono positivamente al trattamento con inibitori di checkpoint immunitario. “Per fare in modo che la terapia con anticorpo monoclonale anti-PD-1 sia davvero efficace, è necessario che ci sia una condizione di infiammazione in questi tumori. Circostanza che non sempre si verifica”, ci spiega il dott. Di Pilato. 

Lo studio condotto dal ricercatore biscegliese e dal team di colleghi del Massachusetts General Hospital di Boston, terminale ospedaliero della Scuola di Medicina di Harvard, attraverso studi eseguiti prima su modello genetico e poi farmacologico (su topi), mira a dimostrare che, riprogrammando le cellule T regolatorie, è possibile ottenere un effetto pro-infiammatorio nel tumore in grado di rendere più efficace il trattamento con anticorpo monoclonale. Gli studi farmacologici hanno dimostrato che, somministrando un inibitore della proteina Malt1, costitutiva del complesso CBM (Carma1-Bcl10-Malt1), è possibile indurre la secrezione di interferone gamma da parte delle cellule T regolatorie. Il rilascio di questa citochina nell’ambiente tumorale permette quindi di creare la condizione di infiammazione necessaria affinché la terapia sia più efficace.  “Generalmente si tende a rimuovere le cellule T regolatorie perché queste sopprimono i linfociti CD8, che agiscono contro il tumore. Noi invece le abbiamo riprogrammate. Non si ha reazione auto-immune, quindi queste cellule svolgono regolarmente le loro funzioni al di fuori del tumore. Ma secernono interferon-gamma solo nelle cellule tumorali. Questo è molto importante, perché così si evita la controindicazione di una infiammazione sistemica. Le cellule convertono solo nel tumore”.

Studiando gli effetti del “compound” con mepazina (inibitore di Malt1) e anticorpo monoclonale anti-PD-1 in tumori come melanoma e adenocarcinoma, i risultati ottenuti sono stati decisamente promettenti. “Abbiamo brevettato il compound insieme all’anti PD-1 e contiamo di arrivare in clinical trial sui pazienti già verso la fine del 2020, o al massimo agli inizi del 2021”, afferma il dott. Di Pilato. “Adesso dobbiamo capire quali sono i co-fattori che permettono la riconversione delle cellule Treg nel tumore. Nel momento in cui sappiamo questo, possiamo anche stabilire in quali tumori questo tipo di compound è più efficace e in quali meno. Questo tipo di studio si potrebbe applicare non solo all’oncologia, ma anche al trattamento di altre patologie, come, ad esempio, l’infezione cronica”.

Il biscegliese Mauro Di Pilato, laureatosi presso l’Università degli Studi di Bari in Biotecnologie Mediche, con specializzazione in Medicina Molecolare, ha conseguito il dottorato in Spagna, presso il Centro Nazionale di Biotecnologie di Madrid. Trasferitosi a Boston nell’ottobre del 2015, dopo aver vinto una importante borsa di studio, tornerà in Europa il prossimo ottobre, per spostarsi in Svizzera, a Bellinzona. “Adesso, dopo il lavoro svolto in America, l’obiettivo è quello di diventare group leader”, ci rivela il dott. Di Pilato. Noi di Bisceglie24 gli facciamo i più sinceri auguri.