L’invidia e il bisogno di distruggere la felicità dell’altro …

Un esempio potrebbe essere dato dalla Strega che cerca di uccidere Biancaneve al fine di annullare, appunto, il dolore per la differenza (di bellezza) con svantaggio per lei stessa.

“Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la più bella del reame?”.
“O mia regina, tu sei bella, ma in mia fe’,
al di là dei monti e dei piani
presso i Sette Nani,
Biancaneve è più bella di te”.

La strega cattiva che perseguita Biancaneve, avvelena tutto ciò che tocca, e desidera distruggere ciò che non riesce ad avere, perché mossa da una divorante invidia, che finirà per consumarla.

Se volessimo interpretare la favola di Biancaneve in chiave psicoanalitica, potremmo asserire con certezza che è un’espressione ben riuscita dell’invidia femminile.
Una donna bellissima, dotata di poteri straordinari, con un intero regno ai suoi piedi, non riesce a godere della sua immensa fortuna al punto che sente il bisogno di perseguitare una povera fanciulla orfana, di cui invidia la bellezza e l’innocenza. Una strega cattiva, appunto.

Se potessimo interrogare lo specchio, a cui si rivolge la strega per avere conferma della sua bellezza, gli chiederemmo: perché una donna bella e potente prova invidia?

Non le basta la sua bellezza (e potere) per essere felice? Perché sente il bisogno di confrontarsi spasmodicamente con un’altra?

È proprio in questo frangente che si svela la risposta: l’invidia non consiste tanto nel desiderare un oggetto dell’altro, in questo caso la bellezza, ma nel provare fastidio di fronte alla felicità dell’altro.

“Non si invidia una donna altrettanto potente e bella, ma la felicità che ad esempio una donna semplice e meno importante possa provare, pur essendo ‘meno dotata’

È come se l’invidiosa si chiedesse: ‘ma com’è possibile che lei, che ai miei occhi non ha valore, sia così felice e amata da tutti?’.
Come dire, sarebbe troppo scontato invidiare una donna più ricca, bella e potente di noi. No, è più sottilmente perverso invidiare chi in apparenza sembra meno fortunata.

Eppure, ci fa soffrire perché sembra godere appieno della vita. Nella sua forma più distruttiva, quindi, l’invidia non è emulazione dell’altro, ma è desiderio di distruggere ciò che non si può avere, come appunto fa la strega Ravenna nei confronti di Biancaneve.

Non desidera ottenere una bellezza pari a quella della fanciulla, ma portargliela via.

“Si tratta di un sentimento devastante , perché rovina la vita dell’invidioso, il quale si consuma al pensiero che ciò che non può ottenere debba essere distrutto.

Lo scopo è quello di non soffrire per aver visto una cosa molta desiderabile, e non poterla possedere .

Da un punto di vista psicologico l’invidia nasce da un senso di impotenza, per lo più inconscio, che fa percepire uno stato di inadeguatezza e di indegnità rispetto agli altri. La reazione del soggetto invidioso, che rimane al livello inconscio, consiste nell’aver bisogno di neutralizzare l’altro che invece mostra di essere felice.

In parole povere, non si sa di essere invidiosi.

Altro che solidarietà: spesso e purtroppo noi donne scivoliamo in rapporti di competizione sfrenata, dove l’obiettivo è primeggiare, sempre e comunque. Ma basta essere onesti con sé stesse (e con le proprie fragilità) per superare l’invidia e vivere meglio.

Un gruppo di donne è spesso un “covo di serpi”?

Perché si arriva a odiare un’altra donna anche solo per via di un bell’aspetto fisico?

L’invidia , come sentimento a sé, svincolato dalla gelosia e dalla rivalità, prese piede e acquistò importanza sino al punto di diventare causa dell’analisi interminabile nelle donne.

Il motivo risiede nel fatto che è un’emozione molto primitiva, come ha spiegato la psicoanalista Melanie Klein: secondo la teoria della studiosa, potrebbe instaurarsi sin nei primi 6 mesi di vita, quando il bambino dipende dal seno materno come referente assoluto ancor prima di conoscere la madre come figura intera. Questa sensazione di dipendenza genererebbe aggressività e, a volte, fantasmi distruttivi.

Sempre parafrasando la teoria della Klein, se la madre non offrisse generosamente il seno, il bambino proverebbe una sensazione piscologica di morte .

Brutta cosa l’invidia…

Siete amiche da sempre, avete condiviso gioie e dolori, primi innamoramenti e preoccupazioni familiari; poi improvvisamente qualcosa cambia. Siete in procinto di sposarvi e la vostra più cara amica, invece di esservi vicino con affetto,inizia ad allontanarsi, o magari a criticare ogni vostra piccola scelta; oppure siete voi che, improvvisamente, non sopportate più la sua vicinanza e trovate ridicolo il modo in cui gioisce per i suoi successi professionali …

Il rapporto cambia, la spontaneità poco alla volta si dilegua e si fa vanti un sentimento subdolo, difficile da decifrare e da gestire: l’invidia.

Questo sentimento, che ha meritato addirittura la seconda cornice del Purgatorio nella Divina Commedia di Dante Alighieri, viene descritto dalla psicologia moderna come  un meccanismo di difesa che generalmente mettiamo in atto quando ci sentiamo inferiori rispetto a qualcuno o a qualcosa.

Tutti nella vita, prima o poi, abbiamo avuto a che fare con l’invidia, ma quando questo sentimento entra nelle relazioni di amicizia  le cose si complicano e meritano un approfondimento maggiore, affinché quest’emozione negativa ma umana non acquisti dimensioni allarmanti.

Purtroppo, l’invidia è innanzitutto donna; l’aggressività che si sviluppa tra donne infatti è diversa da quella che si instaura fra uomini.

Le donne competono quasi esclusivamente fra loro ed è probabilmente quest’eterna lotta che ha generato questo sentimento prevalentemente femminile.

Tutto ciò naturalmente ha origini antichissime; se consideriamo che, per migliaia di anni, nelle società patriarcali erano le donne ad essere scelte dall’uomo e la più “fortunata” si aggiudicava il migliore del gruppo, è facile intuire come si sia sviluppato questo fastidioso sentimento. Oggi, almeno apparentemente, le cose sono cambiate; tuttavia, nei rapporti di amicizia fra donne, continua spesso a far capolino l’invidia,che finisce quasi sempre per rovinarci le giornate e per distruggere complicità e fiducia.

Cosa fare dunque quando l’invidia si insinua fra noi e una nostra amica? Prima di capire come è meglio comportarsi quando si è vittime o “portatrici” di invidia, è bene chiarirsi su quali sono i  classici sintomi dell’invidiosa doc, anche per evitare di attribuire a normali screzi fra amiche un valore eccessivo.

– Per l’invidiosa la gioia altrui è fonte di sofferenza e rabbia. Se la vostra amica reagisce con sdegno davanti ad un vostro successo professionale o si allontana inspiegabilmente non appena viene a conoscenza delle vostre imminenti nozze,non c’è dubbio: è invidiosa. Ovviamente lo stesso vale anche per voi; se improvvisamente i riscontri sociali ottenuti dalla vostra amica diventano per voi motivo di rabbia o di incredulità, forse è bene che vi fermiate un attimo a riflettere, prima di rovinare con frecciatine o comportamenti bizzarri un rapporto a cui, almeno un tempo, tenevate.

– L’invidiosa dissimula i propri sentimenti e ha sempre una scusa pronta. L’invidiosa non sa o non ammette  quasi mai di esserlo, perché ovviamente dichiararlo significa confessare la propria “inferiorità”. Di conseguenza l’amica invidiosa ha sempre una scusa più o meno plausibile per giustificare la sua improvvisa freddezza o il suo comportamento scorretto e naturalmente anche in questo caso lo stesso vale per voi. Se improvvisamente trovate naturale sottolineare i difetti della vostra amica – difetti che magari prima vi facevano simpatia-, è probabile che state incominciando a diventare invidiosa di lei.

Una volta stabiliti i sintomi tipici che accompagnano l’invidia, viene la parte più difficile: come gestirla e tentare di arginarla? Naturalmente molto dipende dal contesto in cui questo sentimento nasce, dal grado di amicizia e dalla condizione personale in cui si trovano le parti in causa; è possibile tuttavia, attenendosi a delle semplici regole, contenere almeno le dannose conseguenze che l’invidia, sia subita che agita, tende prima o poi a generare.

– Prendersi una “pausa” a volte ristabilisce gli equilibri. Molto spesso l’invidia nasce e cresce all’interno di quelle amicizie particolarmente strette, in cui si viene a creare una dinamica di tipo simbiotica; ecco che, in queste situazioni, è sufficiente che una delle due realizzi un maggior successo in qualcosa, che l’altra inizierà a domandarsi cosa ha in meno e quindi a sviluppare un’ostilità nei confronti dell’amica. Soprattutto in questi casi dunque, ma è una regola applicabile a qualsiasi tipo di rapporto, un po’ di sana distanza spesso risolve le ostilità e aiuta a riequilibrare la percezione che si ha dell’altro.

– Non cadere nella trappola dell’”occhio per occhio”. Se a uno sgarbo si risponde con una scorrettezza, è evidente che si finirà, prima o poi, per litigare furiosamente, farsele di tutti i colori e rompere ogni rapporto; proprio per questo bisogna evitare di cedere alle provocazioni dell’amica invidiosa, così come è importante evitare di stuzzicare platealmente un’amica che non ci va più a genio. L’educazione è un principio a cui non bisognerebbe mai sottrarsi, perché è quello che ci permetterà sempre di andare in giro  a testa alta.

–          Chiarire, ironizzando. Confessare con un sorriso ad un’amica che siamo un po’ invidiose del suo bellissimo e ricchissimo fidanzato ci renderà, ai suoi occhi e ai nostri, delle donne forti e “vincenti”, perché nulla è più disarmante della sincerità. La stessa cosa naturalmente vale anche al contrario; se riuscirete, con una battuta, a far intendere alla vostra amica che avete capito che invidia il vostro successo professionale ma che la cosa non vi turba più di tanto perché in fondo si tratta di un sentimento “umano”, avrete probabilmente rafforzato la vostra amicizia ed evitato di perdere tempo in discussioni odiose.

Così, si instaurerebbe questa invidia: vorrei non dipendere da te e vorrei quello che tu hai e non mi dai – il seno – venisse distrutto.
Da adulti, questa posizione del neonato verrebbe mantenuta anche nelle situazioni adulte.
Nella vita adulta si invidia la felicità dell’altro non tanto quello che l’altro possiede ma il fatto che ne sappia godere e ne sappia essere felice.

Ci si può affrancare dall’invidia o le invidiose sono costrette a morire con e per essa, come la strega di Biancaneve?

Cosa si può fare per superare?
“Bisognerebbe elaborarla – spiega lo psicologo clinico Pani. Demolire l’altro, distruggere gli oggetti che non si possono ottenere, alimenterebbe l’astio e la vergogna. Il senso di colpa conseguente peggiorerebbe inoltre la situazione.
La via per uscirne è quella di utilizzare le proprie risorse per conquistare qualcosa di personale e non accanirsi in qualcosa che non si può avere.

È importante trovare la soluzione alla sensazione di impotenza, cercando delle alternative nella propria vita, che risollevino la propria autostima.
Ancora: pensare ciò che si può fare grazie alle proprie capacità e non accanirsi su qualcuno, perdendo tempo ed energia, nel tentativo o speranza di distruggerlo”.

In conclusione, non si  può non sottolineare quanto l’invidia sia sempre e solo un sentimento dannoso, soprattutto perché impedisce la crescita e l’evoluzione personale. Alla luce di ciò, faremmo bene noi donne, almeno su questo punto, ad ispirarci al comportamento degli uomini, in grado quasi sempre di “fare squadra” fra loro e di superare, con una certa leggerezza, quelle piccole incomprensioni che invece noi tendiamo ad ingigantire. Si parla tanto di pari opportunità e di solidarietà femminile, quasi come se qualcuno dall’alto dovesse elargirceli; e se cominciassimo noi, partendo dal nostro quotidiano, a fare squadra e a prenderceli sul serio questi diritti?

E la terapia consiste essenzialmente nel riconoscimento della pulsionalità distruttiva quale base dei disturbi psichici, i quali in definitiva sarebbero l’espressione dei tentativi della mente di farvi fronte.

Il lato positivo della medaglia è che spesso, riconoscendo questo sentimento, possiamo capire cosa ci manca, focalizzandoci sugli aspetti di noi (e della nostra vita) che vorremmo cambiare. Come dire, esiste anche un rovescio buono dell’invidia, se abbiamo l’onestà di accettarla e farla passare. “E’ importante provare a fare un passo verso noi stesse, piuttosto che verso la persona che ci ha provocato tale sentimento. Bisogna anche dire che a volte abbiamo degli standard che vorremmo raggiungere troppo alti e spesso facciamo fatica ad accettare i nostri limiti. Ecco che allora l’invidia può essere una bella opportunità anche per capire come siamo fatte ed essere più dolci verso noi stesse, abbassando alcune pretese inutili e concentrandoci sul potenziamento di altre nostre abilità e risorse rimaste sopite.

Perché magari quei chiletti di troppo sui fianchi li avremo sempre, ma i nostri occhi fantastici con un po’ di trucco possono iniziare ad illuminare il mondo”.

Foto copertina: www.trevisotoday.it