“È stato debellato un clan mafioso che si occupava del traffico di stupefacenti non solo ad Andria ma in tutto il nord barese, soprattutto nell’area di Bisceglie, diventata luogo di spaccio. Per anni c’è stato uno smercio di droga, soprattutto cocaina”. Le parole del Colonnello Rosario Castello, Comandante provinciale dei Carabinieri di Bari, rendono l’idea di quanto la nostra città fosse centrale nell’attività della banda criminale sgominata all’alba di ieri dai Carabinieri con l’arresto di 17 persone (clicca qui per il video).

La base operativa del gruppo di criminali era ad Andria, nel quartiere San Valentino, ma la piazza di spaccio era proprio a Bisceglie, in contrada Torricella. Venivano commercializzati in particolare cocaina, eroina e hascisc per un notevole volume d’affari. A capo della banda, Filippo Griner, al quale l’arresto è stato notificato nel carcere di Terni. Contestata l’aggravante del metodo mafioso oltre alle accuse di traffico, spaccio di droga e al possesso di armi da guerra. L’uomo era a capo del gruppo criminale di Andria, consociato, secondo quanto accertato dai carabinieri, agli uomini capeggiati, a Bisceglie, da Vito Capogna, di 58 anni.

L’indagine che ha portato agli arresti è stata avviata nel 2011 e ha beneficiato del contributo di sei collaboratori di giustizia, tra i quali anche due donne, che hanno chiarito i ruoli e gli interessi interni alla organizzazione.

Pusher e capi usavano poco il telefono pur avendo disponibilità di schede telefoniche non riconducibili ad alcuno. Ma quando capitava di parlare al telefono si chiedeva, per esempio, di portare “al parco due bambini”, intendendo le dosi di droga. Il gruppo utilizzava metodi mafiosi e ricorreva a piccoli riti di affiliazione per cui era importante il ‘curriculum criminale’ del candidato, che poi sarebbe diventato “soldato”, e che veniva valutato in base all’importanza dei reati commessi. Ad ognuno dei pusher venivano corrisposti 50 euro al giorno per l’attività di spaccio e tra questi figurano anche delle donne che risultano indagate. Gli spacciatori, secondo quanto emerso dalle indagini, cedevano droga anche a minorenni. Il gruppo inoltre aveva, nella sua disponibilità, armi da guerra, usate per intimidire e compiere atti di forza eclatanti, come la rapina a Castel del Monte. E le armi, sempre secondo quanto emerso dalle indagini, venivano nascoste di volta in volta in luoghi diversi per far sì che non fossero sequestrate dalle forze dell’ordine. Gli uomini del clan, armati di kalashnikov, avrebbero anche rapinato un kg di cocaina ad un clan avverso nel 2012 nei pressi di Castel del Monte.