Con i fuochi pirotecnici di ieri sera, domenica 15 settembre, si sono conclusi i festeggiamenti in onore della Vergine Addolorata, co – patrona della città di Bisceglie. “Mater Dolorosa”, in latino, Addolorata è il titolo con cui i cristiani denominano la madre di Gesù e il titolo del suo nome fa riferimento ai dolori, per i Vangeli sette, che Maria ha affrontato.

L’origine del culto della Vergine è antichissimo, verosimilmente si sviluppa a partire dall’XI secolo come testimoniato da una prima celebrazione in onore dei cinque dolori della Madonna, simboleggiati dalla tradizionali spade conficcate nel cuore. Un momento preciso nella storia del culto dell’Addolorata è il 15 agosto del 1233, quando sette nobili fiorentini nell’atto di pregare davanti ad un’immagine della santa la videro apparire davanti. Dalle fonti emerge che la Vergine era molto afflitta e vestita a lutto per l’odio fratricida che in quel periodo divideva Firenze. Così i nobili, pentiti, gettarono le armi, indossarono abiti neri e si ritirarono in penitenza sul monte Sanario.

Data la carica di pathos con cui congreghe ed ordini veneravano la Vergine, il suo culto inizialmente si legò strettamente alla settimana santa ed in particolare al venerdì santo. Solo in un secondo momento incominciò ad essere celebrato anche nel mese di settembre. A Bisceglie, in particolare, il culto della Vergine Addolorata ha suscitato sempre un certo fascino, tanto da reputarlo secondo solo a quello dei santi Mauro, Sergio e Pantaleone. Su questo dato, forte è la testimonianza del papa Urbano VIII (1568 – 1644) che intorno al 1600 definì la Vergine patrona “secondaria” di Bisceglie rispetto ai tre santi”.

Tratto caratterizzante della Vergine è certamente la sofferenza, rinvigorita ancor di più dall’espressone facciale e dal colore dei suoi abiti. Topos delle rappresentazioni dell’Addolorata sono le spade, che possono essere una, cinque o sette. Nel caso del simulacro conservato a Bisceglie, si tratta di una lama conficcata nel cuore. Altri elementi particolari sono il fazzoletto bianco tra le dita; il volto inclinato, rivolto al cielo e spesso solcato dalle lacrime; ed infine il nero, colore che caratterizza l’abito della Madonna e quello delle associate alla Vergine. I confratelli, differentemente dalle associate, “rompono” il colore nero indossando una camicia bianca e una mozzetta color panna e oro. Un confitto cromatico sinonimo di lotta tra vita e morte, felicità e dolore che caratterizzano l’essere umano.