“Nessuno potrà impedire il disarmo generalizzato delle unità da pesca, se gli armatori non incasseranno prima le indennità attese da ben due anni. Il monito arriva dal presidente nazionale di Federpesca, Luigi Giannini, all’indomani della riunione della giunta federale svoltasi giovedì 15 giugno a Roma, in cui si è posto l’accento sulle difficoltà dei pescatori di tutt’Italia nel periodo di “fermo biologico”, in cui viene sospesa o limitata la possibilità di pescare per consentire il ripopolamento di diverse specie marine.

Una battaglia intrepresa perché ai periodi di fermo biologico degli anni 2015 e 2016 non sarebbero state corrisposte, a detta di Federpesca, le adeguate indennità a sostegno dei pescatori costretti a restare a casa. Una battaglia alla quale si sono unite anche Federpesca Puglia e Assopesca, associazione di armatori da pesca di base a Molfetta che, in un comunicato congiunto, hanno sostenuto la presa di posizione di Giannini.

“L’interruzione prolungata dell’attività di pesca, imposta nello scorso biennio attraverso il fermo biologico ed il fermo tecnico, ha costretto le aziende a sopportare comunque i costi di armamento del peschereccio, anche in considerazione del ritardo e delle inefficienze derivate dalla corresponsione delle indennità di Cassa Integrazione per gli equipaggi – ha dichiarato il presidente nazionale di Federpesca – Un ritardo inaccettabile, frutto di impreparazione ed improvvisazione nel gestire un meccanismo, quello previsto dalle norme comunitarie sin dal 2014, che porta all’esasperazione le imprese destinatarie della misura”.

“Che ognuno si assuma le proprie responsabilità e faccia il proprio lavoro – ha continuato Giannini – Le norme escludono l’impresa dal diritto all’indennità anche per un solo giorno di ritardo nel presentare la documentazione richiesta per l’ammissione all’indennità di fermo, ma poi l’Amministrazione si autoconcede due anni di ‘flessibilità’ nel pagamento”.

Il sistema, secondo i rappresentanti dei pescatori, sarebbe figlio di una misura a loro dire ambigua: “Si continua a riproporre un fermo davvero poco utile, perché non ne sono chiari gli obiettivi di conservazione delle risorse ittiche e pure trascurato l’impatto commerciale sulle imprese di pesca – hanno sintetizzato i responsabili di Federpesca al termine dell’assemblea di giunta – Una misura che il Ministero delle Politiche Agricole vorrebbe per di più indennizzare per 26 giornate, a fronte di un’interruzione di 90 giorni, includendo il fermo tecnico. Neanche chiaro, a tutt’oggi, il meccanismo di erogazione dell’indennità giornaliera prevista per gli equipaggi dalla norma introdotta per il 2017 dalla Legge di stabilità: 30 euro lordi al giorno, senza una espressa previsione sugli oneri contributivi, senza un preciso meccanismo di erogazione”.

I rappresentanti dei pescatori pugliesi hanno condiviso la dura presa di posizione di Giannini: “La misura dell’arresto temporaneo obbligatorio dell’attività di pesca è e deve continuare ad essere un pilastro della politica gestionale della pesca nel nostro Paese – hanno dichiarato Assopesca e Federpesca Puglia – ma le necessarie misure di contenimento dello sforzo di pesca, nel quadro di una indispensabile sostenibilità ambientale, non possono andar disgiunte dalle ugualmente necessarie misure socioeconomiche compensative in favore delle imprese di pesca e dei lavoratori della pesca”.

“In un contesto di crisi ormai strutturale del settore, nei suoi diversi segmenti produttivi – hanno poi concluso i referenti pugliesi – la debolezza economica delle imprese di pesca non potrà sostenere l’impatto di ulteriori e pesanti misure di contenimento dello sforzo di pesca, senza una adeguata garanzia di altrettanto strutturali misure socio economiche compensative”.

Nella foto, il porto di Bisceglie (Archivio B24)