Roma, Stadio Olimpico, domenica 24 febbraio: intorno alle 16.40 i tifosi italiani esplodono in un boato di gioia, la Nazionale di rugby è appena passata in vantaggio contro la temibile Irlanda nell’ultima partita della terza giornata del Sei Nazioni, il torneo per nazionali di rugby più antico del mondo (la prima edizione risale al 1883, l’Italia è entrata nel 2000). A contribuire al “terremoto emotivo” c’è anche un gruppo di tifosi, seduti in Tribuna Tevere, venuto da tutto il Nordbarese, Bisceglie compresa: si tratta di ragazzi, ragazze, uomini, donne e bambini arrivati nella Capitale grazie allo sforzo organizzativo dei Draghi Bat e dei Bees Rugby Bisceglie, realtà giovani ma già consolidate nel panorama sportivo locale.

Vittoria Sasso, seconda da sinistra, con i responsabili del progetto Bees Rugby Bisceglie

Con loro erano presenti anche le istituzioni locali, rappresentate da Vittoria Sasso, assessore allo sport, alle politiche giovanili, educative e scolastiche del comune di Bisceglie, oltre che la nostra stessa testata, che ha accettato l’invito ad unirsi al gruppo con grande entusiasmo, per raccontare nero su bianco emozioni e sensazioni raccolte in quella che, possiamo già anticipare, è stata una grande giornata di sport. Facciamo però un passo indietro e raccontiamo con dovizia di particolari ogni punto saliente della domenica.

Il viaggio d’andata – Nonostante la levataccia (il gruppo partito a Barletta si è avviato infatti alle 6.45, quello partito a Trani, che comprendeva anche i biscegliesi, alle 7.15 circa), l’atmosfera è positiva sin da subito. Certo, il pronostico non è per nulla favorevole agli Azzurri, si parla di sconfitta pesante in arrivo, e guardando i precedenti è difficile essere ottimisti: nei 29 precedenti l’Italia ha vinto solo 4 volte (una nel 1995, due nel 1997 e una nel 2013), dal 2016 lo scarto medio negativo è di 37 punti, l’ultimo scontro diretto, giocato pochi mesi fa in America, è stato un monologo irlandese, terminato 54-7. Eppure nell’autobus non si respira neanche per un attimo l’aria rassegnata della sconfitta, anzi: ci si scambiano battute, riflessioni più o meno serie, si spiega qualche regola di base a chi non è avvezzo, si cantano canzoni che vanno dal classico (“Azzurro” di Adriano Celentano o “L’Italiano” di Toto Cutugno) al puramente goliardico (come la spassosissima “Canzone del Rugbista”, sul cui contenuto manteniamo… il segreto di spogliatoio). Chi è già stato in questo tipo di trasferte, anche prendendo in considerazione altri sport, saprà di cosa parliamo.

L’arrivo a Roma e il pre-partita – Le prime differenze rispetto ad altri sport si vedono già nell’area-parcheggio della Farnesina, a due passi dallo stadio. C’è chi propone gustosi gemellaggi alimentari, chi va in giro vestito da centurione, chi con enormi cappelli verde smeraldo. Oltre i cancelli d’entrata del Foro Italico va ancora meglio: una vera e propria festa è allestita dagli organizzatori appena prima dei tornelli dell’Olimpico, con un’area per mangiare e bere, minigiochi per grandi e piccoli e un palco che ospita DJ e vari artisti. Persino lo Stadio dei Marmi “Pietro Mennea”, il campo adiacente dedicato all’atletica leggera, è a disposizione dei presenti. Gli irlandesi sono numerosissimi, e si “mescolano” allegramente agli italiani. Si socializza anche tra persone che non si capiscono, non parlando la stessa lingua, nessuno esagera, nessuno spintona, nessuno sporca, nessuno crea problemi: è una piccola, meravigliosa, utopia.

I tifosi di rugby creano storicamente un’atmosfera di festa prima, durante e dopo la partita: la battaglia fisica, infatti, è strettamente riservata ai 30 che scendono in campo

Il match – Anche in campo non ci sono curve separate, e non ce n’è bisogno. Solo sorrisi e strette di mano tra tifosi che sanno di essere avversari e non nemici, un qualcosa che in altri sport magari si vede a livello amatoriale, ma molto meno spesso in tornei internazionali giocati da professionisti (c’è da dire, a tal proposito, che questa mentalità è stata sviluppata anche grazie alla grande esperienza dilettantistica del rugby a 15, che ha accettato il professionismo solo a partire dal 1995). In tempi di polemiche infinite, non solo nello sport ma nella vita di tutti i giorni, una mentalità così è d’esempio per tutti.

All’annuncio delle formazioni, i più acclamati sono il capitano azzurro di giornata, il tallonatore Leonardo Ghiraldini (il capitano vero e proprio, Sergio Parisse, è in tribuna per un infortunio) e l’apertura irlandese Johnny Sexton, detentore del World Rugby Player of the Year Award (il “Pallone d’oro” del rugby). Da brividi il momento degli inni: molto intenso “Ireland’s Call”, il canto non ufficiale dell’Irlanda unita (nel rugby l’Irlanda del Nord non ha una sua Nazionale, ma compone un’unica squadra assieme alle tre province della Repubblica d’Irlanda), mentre è sempre trascinante l’Inno di Mameli, con il “Sì!” finale che rimbomba al termine tra i diversi settori dello stadio. L’organizzazione del match è particolarmente “user-friendly”: i megaschermi consentono di vedere i replay praticamente in tempo reale, e ad ogni fallo fischiato dall’arbitro viene proiettata una grafica che ne descrive la tipologia, per aiutare gli spettatori meno esperti.

L’incontro parte male per gli Azzurri: dopo 20 minuti, complice anche qualche distrazione di troppo da parte della nostra Nazionale, il punteggio è di 12-3 per gli irlandesi, ma nella fase finale del primo tempo l’Italia cresce così tanto da segnare ben due mete, portandosi addirittura in vantaggio a un minuto dall’intervallo grazie a una spettacolare azione iniziata con una palla rubata dal mediano di mischia Tito Tebaldi praticamente sotto i nostri pali, e chiusa oltre 90 metri più in là dal centro Luca Morisi, proprio sotto gli occhi del gruppetto Draghi/Bees, che mette l’acceleratore ai decibel impazzendo di gioia come tutti gli italiani presenti allo stadio. Il 16-12 del primo tempo viene però ribaltato nel secondo, nonostante la strenua difesa degli Azzurri, e gli irlandesi (che sono pur sempre la seconda squadra migliore al mondo, alle spalle dei mitici All Blacks neozelandesi nel ranking mondiale) si impongono per 26-16: agli italiani restano solo i complimenti per aver disputato un match di livello rendendolo equilibrato quasi fino al termine.

Stretta di mano, a fine partita, tra i giocatori di Italia-Irlanda, dopo 80 minuti decisamente intensi

Il terzo tempo – La vera differenza tra il rugby e gli altri sport si vede a fine partita, quando parte il “terzo tempo”. Per chi non lo sapesse (o dovesse conoscere solo la versione “adulterata” e posticcia scimmiottata dalla Lega Calcio qualche tempo fa, che però si limitava al “corridoio” in cui la squadra vincente rendeva onore a quella sconfitta all’entrata del tunnel degli spogliatoi, un gesto che in realtà è solo la primissima parte del terzo tempo), si tratta di una tradizione consolidata dello sport con la palla ovale, in cui i tifosi di entrambe le squadre (e, spesso per conto loro in cene più o meno ufficiali, giocatori, tecnici e dirigenti) mangiano e bevono assieme dopo la partita. Purtroppo la partenza da Roma in direzione Barletta/Trani è prevista meno di un’ora dopo il fischio finale, ma tanto basta al gruppo Draghi/Bees per continuare a festeggiare al Foro Italico con musica, cibo e bevande varie da condividere non solo tra di loro, ma anche con i tifosi provenienti dal resto d’Italia e con i simpaticissimi irlandesi. Senza troppi giri di parole, è davvero un’esperienza che fa bene allo sviluppo della cultura sportiva, che non può e non deve limitarsi al risultato della partita.

Il ritorno a casa – Come in ogni viaggio di ritorno che si rispetti, l’atmosfera è più silenziosa e qualcuno ne approfitta per recuperare energie e un po’ di sonno perduto. Negli occhi e nelle menti di tutto il gruppo resta un’esperienza di altissimo valore non solo sportivo, ma anche umano: è praticamente la definizione del rugby, che fa del sostegno, dell’amicizia e del rispetto i propri capisaldi morali.

Una partita di rugby che si rispetti non termina al fischio finale: c’è il terzo tempo da vivere fuori dallo stadio, tutti insieme

I prossimi appuntamenti a Bisceglie – Archiviata la trasferta romana, le laboriose api biscegliesi torneranno da subito sul campo del “Don Uva” per continuare l’attività della stagione sportiva 2018/2019, e sarà proprio la struttura biscegliese ad ospitare, domenica 3 marzo a partire dalle 14.30, il prossimo importante appuntamento rugbistico locale, con l’ottava giornata della Coppia Italia femminile Sevens (variante del gioco a 15 che si gioca in 7 contro 7, con regole simili) in cui le Bees, allenate dal neozelandese Sean Hedley e capitanate da Annamaria Giangregorio, proveranno a conquistare la quarta vittoria consecutiva in un mini-torneo che coinvolge anche il Rugby Club Granata di Gioia del Colle, il Salento Rugby di Aradeo, le Bears Rugby di Capurso, il Bitonto Rugby e il Foggia Rugby. L’evento, promosso dalla sezione pugliese della FIR, è gratuito, e rappresenta un’occasione da non perdere non solo per gli appassionati della palla ovale, ma anche per chi vuole avvicinarsi a questo sport sia come giocatore sia come sostenitore, prendendo contatto con una realtà sana e dall’entusiasmo contagioso.

Di seguito, una breve galleria fotografica. Le foto senza il logo di B24 sono fornite dai Bees Rugby Bisceglie.