“Che stagione, l’adolescenza. Senti di poter esser tutto e ancora non sei nulla e proprio questa è la ragione della tua onnipotenza mentale. Non hai confini, l’immaginazione può spaziare ovunque”. (Eugenio Scalfari)
L’adolescenza è un momento cruciale della vita, difficile e complesso, ma anche importantissimo per lo sviluppo di una persona. Mutevole, imprevedibile, incerta: l’adolescenza è un’età dai confini sempre meno definiti, con il rischio di un suo prolungamento interminabile.
E’ difficile orientarsi tra i mille problemi quotidiani di questo periodo: amicizia, amore, sessualità, droga, violenza, disagio, scuola, rapporto con gli adulti, inserimento nella società, trasformazioni fisiche e psicologiche.
I peggiori nemici? Noia, senso di impotenza, rassegnazione, fuga dalla realtà, mancanza di senso, stati depressivi e panico!
Con l’adolescenza avviene in modo spontaneo (quando avviene), la messa in crisi delle certezze o delle difese dell’età della latenza; nell’adolescenza la realtà esterna è vissuta come deludente, quella interna come angosciante e questa situazione di ambivalenza affettiva può provocare una condizione di “crisi” che determina, ansia e conflitti.
Secondo A. G. Bierce, l’adolescente è colui che sta lentamente guarendo dall’infanzia : infatti, fondamentale è che i genitori forniscano “una base sicura ” al figlio adolescente, cioè siano presenti senza invadenza, vigili, attenti e disponibili.
Il gruppo di coetanei, l’appartenenza al gruppo, l’essere accettati dal gruppo è una fase importante per cercare “al di fuori della famiglia” “altre” figure di riferimento, che rimarranno comunque sempre secondarie alla famiglia.
La consulenza di un professionista nelle relazioni d’aiuto, in caso di problemi più o meno seri relativi all’adolescenza, può essere un mossa preventiva da parte di quei genitori che possono sentire di avere delle difficoltà di comunicazione o di comprensione di un linguaggio, spesso non verbale, fatto di segnali, di abbigliamento e quant’altro contribuisca a rendere sempre più difficile “la vicinanza” dei genitori ai loro figli.
Nell’adolescenza c’è una ricerca di modelli al di fuori della famiglia, modelli con i quali misurarsi, si scelgono le persone con cui stare, si gestiscono i conflitti, si affrontano problemi da soli o con gli amici, si deve badare a sé stessi.
Non c’è nessun adulto che dice o ricorda le regole: ora devono venire da dentro. ! Scegliere liberamente i propri confini e i limiti, escludendo la famiglia:
“Cari genitori, forse ho qualcosa da insegnare io a voi…”
Cari adolescenti alla ricerca della propria identità ed autonomia, nei vostri slanci verso la libertà di essere “adulti in progress “, il mio invito, è di farvi aiutare e supportare da un Professionista nelle relazioni d’aiuto, perché un percorso di crescita personale, può favorire la consapevolezza dei propri stati emotivi, anche in contrasto tra loro , come, anche, la capacità di comprensione delle emozioni altrui.
Altresì, potrete comprende che il vostro comportamento emotivo può avere effetti sugli altri e che è segno di maturità psicologica, assumersi la responsabiltà di fronteggiare emozioni pericolose o disturbanti.
Ed in viaggio verso tale comprensione integrata, si percepiscono i confini tra sé e latro, si consapevolizza la relazione tra ciò che si sente, ciò che si pensa e ciò che si fa, imparando a distinguere quello che dipende da noi da quello che non dipende da noi.
Altri obiettivi che si possono raggiungere con un supporto psicologico efficace, concernono la sfera dell’ Autostima, dell’ Immagine di sé e quella propria dell’ Autoefficacia .
“Dottoressa, non sto bene, ho l’adolescenza”.
Uno dei miei primi colloqui allo sportello di ascolto di un Istituto di Scuola Superiore, è iniziato con questa frase.
“Ho l’adolescenza” mi ha detto C. 15 anni, proprio come se stesse parlando di una malattia, di un virus, di qualcosa che senza accorgersene ti investe, ti rifila dei sintomi e ti fa sentire a pezzi.
“Passerà col tempo, speriamo!” ha poi detto C.
Le ho risposto che sì, passerà, ma non perché esiste una medicina e neanche perché il tempo “guarisce tutte le ferite”, come dice uno dei più triti luoghi comuni.
Passerà perché la vita è fatta di fasi che, come stagioni, preparano il terreno a quella successiva e permettono a nuovi frutti di maturare e a nuovi fiori di sbocciare.
Gli adolescenti, spesso li percepiamo strani, contorti, un po’ bizzarri, ed al tempo stesso, enigmatici, poliedrici, affascinanti; insomma, una sfida!
Lavorando con loro, ascoltando le loro domande, nutrendo le loro insicurezze, accogliendo le loro provocazioni e i loro dubbi, dentro e fuori le mura scolastiche, ho scoperto che in realtà gli adolescenti sono soprattutto, paventati a morte!
Essere adolescenti, ai tempi della crisi mondiale, fa davvero molta paura; una paura di un futuro lontano, sconosciuto, nebuloso, difficile da pensare se non addirittura impossibile.
Le contraddizioni del mondo in cui viviamo, l’ambivalenza comunicativa dei grandi personaggi costruiti dai media, l’ambiguità della società liquida di cui parla Bauman, rendono impalpabili, fragili, liquidi anche i valori che la generazione degli adulti deve (o dovrebbe) trasmettere alle generazioni successive.
Essere adulti-educatori di adolescenti nel 2015, significa sentirsi fare dai ragazzi e dalle ragazze domande scomode come: “perché devo studiare se non lavora neanche chi è laureato?” oppure: “perché devo rispettare le regole se i vincenti sono proprio quelli che le hanno infrante?”.
Domande irritanti, provocatorie e maledettamente legittime, necessarie, ragionevoli. Domande che ci parlano in maniera inequivocabile del senso di inadeguatezza degli adolescenti di oggi, “nativi digitali” multitasking come i loro smartphone ma fragili come carta velina.
La fotografia scattata da questi dati ritrae un adolescente deluso dal presente e spaventato, se non addirittura terrorizzato o peggio ancora disilluso e avvilito, da ciò che lo aspetta, da quel futuro, vissuto come un “futuro-minaccia”, non più il “futuro-promessa” che hanno vissuto i loro genitori ai tempi della loro adolescenza, in cui la fatica, l’impegno, i sacrifici erano intrisi di speranza di essere un giorno ripagati da successo, soddisfazioni, possibilità.
D’altronde, anche essere adulti-educatori nel 2015 fa paura, perché nemmeno per noi le risposte sul futuro non sono così chiare e vincenti!
Ma soprattutto perché sta a noi il compito oneroso di essere per gli adolescenti “profeti” del loro futuro e della loro crescita, visionari delle loro possibilità, sognatori della loro strada quando le loro facoltà creative e motivazionali sono intorpidite, prosciugate, paralizzate!
Ti sfidano apertamente, ti mettono in discussione e poi, sorprendentemente, ti ringraziano. Il valore pedagogico della crescita e dell’educazione sta proprio in questa delicata, fragile e giusta distanza: adulti non troppo lontani da far sentire gli adolescenti soli, inadeguati e un po’ strani, ma nemmeno troppo vicini da farli sentire dipendenti e incapaci. Un equilibrio instabile che deve essere insieme cercato, pattuito e negoziato.
Aiutare gli adolescenti, significa, soprattutto sostenerli nel credere che “in un tempo chiamato futuro” sarà possibile anche per loro la realizzazione del loro progetto, del loro valore, del loro talento.
Forse così l’adolescenza non sembra più una malattia ma una sfida avvincente, i suoi “sintomi” non una spiacevole presenza ma uno stimolo al miglioramento e il suo tempo non un tempo morto e sospeso, ma un tempo della ricerca e della progettazione del Sé.
(a cura della dott.ssa Renata Rana, Counselor ed Educatore professionale)
Foto copertina: www.italianosveglia.com