Non siamo invisibili e vogliamo tornare a lavorare, ma le Amministrazioni locali devono salvaguardare al massimo le attività degli operatori su aree pubbliche. Abbiamo urgenza e necessità che vengano azzerati i tributi per l’occupazione di suolo pubblico e per la tassa sui rifiuti”. A parlare è Giacomo Errico, presidente di Fiva-Confcommercio, pensiero condiviso anche dal direttore di Confocommercio Bari-Bat, Leo Carriera.

E’ un paradosso: siamo chiusi e paghiamo le tasse. La politica e il governo ci ascoltino”, aggiunge Errico, “non ci servono indennità una tantum ma chiediamo provvedimenti concreti, di immediata attuazione e senza burocrazia, per il sostegno creditizio e per l’ottenimento di liquidità, anche in parte a fondo perduto. E soprattutto regole certe per riaprire e quindi si faccia chiarezza nel caos dei codici Ateco, perché è davvero incomprensibile che tra le attività consentite di commercio al dettaglio non sia contemplato il comparto di vendita su aree pubbliche. La chiusura della quasi totalità delle attività di commercio su aree pubbliche in conseguenza dell’emergenza coronavirus – 176.000 imprese con circa 400.000 tra titolari, dipendenti e collaboratori su un totale di183.000 – comporterà per il settore, se non si riapre entro luglio”, si legge nella nota, “una perdita di oltre 10 miliardi di euro con il rischio che un terzo delle sue imprese chiuda definitivamente (circa 60.000). Se mercati e fiere non riaprono in tempi brevi, seppur con gradualità e rispettando tutti i protocolli sanitari, il settore rischia il tracollo. Perché le imprese non sono strutturate sul piano economico per sopravvivere in queste condizioni e il danno lo pagheranno anche le famiglie e i consumatori che non avranno più un servizio utile e di prossimità che questa tipologia di vendita ha sempre assicurato in tutte le città.