L’avanzamento inesorabile del comune sentimento di antipolitica è un dato di fatto inequivocabile. Molta gente non vuol sentire parlare di politica, in tanti hanno deciso di non andare a votare e non cambieranno idea. L’affluenza alle urne è in calo costante. I comizi, tranne rare eccezioni che vedono al proscenio i big nazionali, sono sempre più tristemente deserti e tra il pubblico, poco numeroso, in tanti sono gli addetti ai lavori e coloro che sono stati pregati di partecipare da chi sta parlando sul palco.

Lo strappo che si è aperto tra i cittadini e la politica è molto ampio, evidente e anche triste, perché la politica, nella sua accezione più nobile, dovrebbe includere, aggregare, stimolare e favorire il dibattito. La classe politica dovrebbe fare di tutto per rimediare. Spesso sentiamo anche proclami che vanno in questa direzione, ma poi, all’atto pratico, si finisce, anche inconsapevolmente, per fare l’esatto opposto.

Inviare sms, messaggi sulle varie chat, effettuare telefonate per invitare al voto, nella giornata che precede le elezioni, non è una violazione del silenzio elettorale (disciplinato dalla legge del 4 aprile 1956, n. 212, in particolare l’articolo 9, poi modificato dalla legge 130/1975), ma è una pratica che certamente infastidisce, e non poco, a giudicare dalle segnalazioni che ci sono pervenute. Dopo essere stati bombardati con ogni mezzo (tv, radio, mail, messaggi, telefonate, social network e chi più ne ha più ne metta) gli elettori, almeno oggi, probabilmente avrebbero preferito restare tranquilli, avere un po’ di tregua, un attimo di respiro. Che poi sarebbe lo spirito del silenzio elettorale: concedere il tempo ai cittadini per fare un bilancio delle campagna elettorali, riflettere e scegliere chi votare.

E invece nulla. Anche oggi alcuni politici hanno deciso di non mollare la presa, probabilmente troppo presi dalla smania di vincere o, peggio, dal terrore di perdere. E via con gli sms, i messaggi su Whatsapp, le telefonate a casa. Senza valutare, però, se questa forma di propaganda possa portare più benefici che danni. Tradotto, se porti voti o faccia perdere voti. La sensazione è che questo pressing possa rivelarsi deleterio. Ma forse i candidati, obnubilati dall’ingordigia di voti e dell’ossessione del risultato, non se ne rendono conto. E, così, non solo rischiano di perdere voti, ma contribuiscono ad aumentare il senso di repulsione della gente comune verso la politica. Altro che ricucire lo strappo.