Nadia Terranova, una delle scrittrici italiane più amate, vincitrice di numerosi riconoscimenti nel corso della sua carriera letteraria, è stata ospite delle Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie per presentare il suo ultimo romanzo: “Quello che so di te”, edito da Guanda. Un romanzo che interroga la Mitologia Familiare, che mente, sbaglia, trasfigura ogni episodio di una storia che ha come protagonista una donna che, in un giorno di marzo, varca la soglia del Mandalari, il manicomio di Messina. Un personaggio letterario, di nome Venera, la cui vita è ispirata a quella della bisnonna dell’autrice, ricostruita attraverso la finzione narrativa districandosi dentro una storia di famiglia in cui, come spesso accade, è difficile stabilire certezze dopo decenni di omissioni e dimenticanze, più o meno innocenti. 

Seguendo la lezione di scrittrici come Annie Ernaux e Neige Sinno, Nadia Terranova, per questo suo quarto romanzo, riflette con ancora più consapevolezza sulla forma, sullo stile di scrittura più appropriato per raccontare la storia che ha davanti, mettendo a fuoco il lavoro fatto sulle parole in questi ultimi dieci anni, sia come autrice che come lettrice. È quindi ben ponderata la scelta di utilizzare, in “Quello che so di te”, un io narrante. Una forma che apre a nuove possibilità letterarie: non solo a quelle dell’autofinzione, ma anche del reportage, dell’invenzione letteraria negli spazi lasciati vuoti dalla realtà. Il risultato è un appassionante corpo a corpo tra la scrittrice e la materia letteraria che si trova a maneggiare. 

In manicomio, oltre Venera, il lettore incontra quelle che l’autrice chiama “frodatrici della natalità”: artiste, donne atipiche, donne che non volevano figli, donne che volevano semplicemente vivere la propria vita. La protagonista del libro però non appartiene a nessuna di queste categorie, ma è invece una donna a cui non è stato concesso il tempo dell’elaborazione del lutto. Un personaggio contraddittorio e difficile, che Nadia Terranova non appiattisce sulla dimensione del dolore, della depressione, della malinconia, ma ci consegna in tutta la sua complessità.