“Quella del Bosone di Higgs è sicuramente una scoperta fondamentale nel campo della fisica, ma non è certo quella definitiva”. Questo è il pensiero della ricercatrice biscegliese dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) Lucia Silvestris, che ha raccontato la sua esperienza nell’ambito dell’esperimento dell’acceleratore di particelle del CERN (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) di Ginevra, che ha rivelato al mondo l’esistenza di una particella fondamentale compatibile con quella descritta a livello teorico nel 1964 dai fisici Robert Brout, François Englert e, per l’appunto, Peter Higgs,mentre tentavano di comprendere cosa ci fosse alla base dell’origine della massa e delle particelle subatomiche.

L’incontro con la dottoressa Silvestris, svoltosi giovedì 12 marzo presso la sala convegni dell’Hotel Salsello, è stato organizzato dal Rotary Club Bisceglie – Distretto 2120, in collaborazione con le realtà rotariane giovanili, il Rotaract e l’Interact, e con il patrocinio del Comune di Bisceglie.

Presenti al tavolo dei relatori il presidente del Club biscegliese, Giovanni Cassanelli, e i presidenti di Rotaract e Interact, Fabrizio Di Terlizzi e Roberta Valente, oltre al segretario del Rotary Club Bisceglie, Massimo Cassanelli. Tra il pubblico numerosi rappresentanti di realtà associative e delle scuole della città, oltre ai presidenti dei Rotary Club di Corato, Molfetta e Trani. Buona anche la presenza degli studenti biscegliesi, aspetto accolto in maniera sensibilmente positiva sia dal presidente del Rotary sia dalla stessa scienziata.

“Ho iniziato ad appassionarmi alla fisica durante gli anni del liceo scientifico, che ho frequentato proprio qui a Bisceglie – ha dichiarato la ricercatrice a Bisceglie24 poco prima dell’inizio del convegno – anche grazie al professor Antonio Masucci, che all’epoca insegnava fisica proprio al liceo, riuscendo a stimolare il mio interesse verso la disciplina che poi è diventata il mio lavoro”.

lucia silvestris slide“Dopo il diploma – ha proseguito, sintetizzando all’estremo il proprio percorso, fatto di numerosi successi professionali in Italia e all’estero – mi sono iscritta alla Facoltà di Fisica dell’Università di Bari, dove ho conseguito dapprima la laurea in Fisica e poi il dottorato in Fisica delle Alte Energie, divenendo infine ricercatrice dell’INFN e partecipando a uno dei due esperimenti maggiori del CERN, quello relativo al CMS (Compact Muon Solenoid), il rivelatore di particelle nel quale è stata eseguita finora la ricerca sul bosone”.

Nella descrizione vera e propria degli esperimenti e delle ripercussioni che essi potranno avere in futuro, la dott.ssa Silvestris ha sottolineato due aspetti generali fondamentali. Il primo, più tecnico, riguarda la durata dell’esperimento: “Non è semplice spiegare per quale motivo ci siano voluti ben 50 anni per arrivare a dimostrare il Meccanismo di Brout-Englert-Higgs, ma molto ha fatto il progresso tecnologico, soprattutto dagli anni ’80 in poi, che ha permesso di sfruttare mezzi che prima erano stati solo immaginati a livello di fantascienza”.

Il secondo, invece, riguarda il grande numero e l’altrettanto grande eterogeneità degli scienziati che hanno lavorato e stanno lavorando al progetto: “Il CERN conta ad oggi circa 10mila scienziati provenienti da tutto il mondo. Da qui sono partiti progetti che hanno cambiato la vita dell’uomo, da internet, con la creazione e lo sviluppo del World Wide Web, fino al cloud computing che adesso diamo per scontato, ma solo pochi anni fa era anche difficile da immaginare”.

“Importante da sottolineare, inoltre, è la capacità che hanno avuto molti scienziati di creare solide basi per impieghi successivi, spesso in aziende legate all’informatica ma anche, com’è capitato curiosamente ma non troppo raramente, legate al mondo della finanza, grazie alla loro esperienza accumulata in campo statistico. Si lavora per obiettivi precisi e in tutta onestà ho apprezzato fin dall’inizio della mia collaborazione il fatto che differenze di cultura, religione, colore della pelle non abbiano mai interferito con il lavoro degli scienziati stessi. In un periodo un po’ particolare, in questo senso, dal punto di vista geopolitico, non è cosa da poco”.

Un pensiero anche un po’ campanilistico, ma sicuramente doveroso, agli scienziati italiani che collaborano all’interno del CERN, e a quelli che provengono dalla Facoltà di Fisica dell’Università di Bari: “Agli esperimenti ATLAS e CMS, cioè i due esperimenti principali realizzati dal Centro, lavorano circa 3000 scienziati di 45 Paesi diversi, con una percentuale di italiani che arriva al 15%. E bisogna anche essere orgogliosi del gruppo di ricercatori dell’Università di Bari, che hanno partecipato attivamente alla costruzione del rivelatore di particelle”.

Conclusione dedicata agli sviluppi futuri degli esperimenti: “La quantità di dati raccolta in questi anni non è comunque sufficiente a risolvere le questioni ancora irrisolte della fisica teorica: dall’esistenza della materia oscura e dell’energia ad essa relativa al ruolo della gravità che il Modello standard non riesce a comprendere, dalle masse dei neutrini all’asimmetria tra materia ed antimateria. Per questo sarà fondamentale il lavoro che sarà svolto dal CERN e poche ore fa (nel pomeriggio di giovedì 12 marzo, ndr) è stato annunciato l’inizio della seconda fase degli esperimenti, con la costruzione di un nuovo acceleratore di particelle che svilupperà una potenza doppia rispetto a quello utilizzato finora e che nei prossimi 20 anni renderà un quantitativo di dati 100 volte superiore rispetto a quelli disponibili fino ad oggi”.