E’ incredibile e acquista un sapore quasi magico come oggi noi esseri umani non solo viviamo nella logica del “tutto e subito”, ma senza accorgercene e come un miracolo desideriamo sempre “di più”: beviamo sempre più, fumiamo sempre più, spendiamo senza criterio, dirigiamo sempre più rapido, assistiamo sempre più tv, chattiamo sempre più… Ma in realtà poi accade che ci incontriamo sempre meno, ci guardiamo negli occhi sempre meno, preghiamo sempre meno, esistiamo sempre meno!

Per questo credo che le nostre Chiese oggi hanno bisogno di profeti per aiutarci ad incontrare il Bambino Gesù e “tornare al primo amore”, come hanno auspicato i profeti Geremia e Osea, ricordandoci il cammino del popolo di Dio nel deserto in vista della liberazione, per esistere veramente, per ri-nascere ad una nuova Vita.

Infatti, a volte penso che siamo come la Chiesa di Efeso nel libro dell’Apocalisse: molto fedele e disciplinata, ma che abbiamo “dimenticato” il nostro primo amore. Per questo motivo, Dio sollecita oggi a ciascuno di noi, responsabili della pastorale e della missione: “riprendi la forza del tuo primo amore” (Apocalisse 2, 1-5). Perché solo ritornando all’esperienza del primo amore con Cristo avremo forza e coraggio per mutare la nostra realtà di vita dove abbiamo saputo moltiplicare i nostri beni materiali ed economici, riducendo sensibilmente la pratica dei valori umani e evangelici. Una realtà dove parliamo molto, ma amiamo di fatto poco; dove abbiamo appreso a sopravvivere, ma non a vivere; dove abbiamo saputo addizionare più anni alla nostra vita, ma non più vita ai nostri anni.

Una realtà che ci ha resi capaci di raggiungere la luna e desiderare di toccare Marte, ma che ci trasmette paura di incrociare le persone sulla strada e di incontrarci con il vicino di casa; una realtà che ci ha dato la gioia di conquistare lo spazio, anche se non siamo capaci di inoltrarci nello spazio della nostra interiorità, dove giace il senso autentico del nostro esistere.

Viviamo in una realtà che ci provoca a fare tante cose sempre più grandi e maggiori, ma non migliori; a purificare l’aria che respiriamo, mentre ci induce a inquinare la nostra anima; a dominare l’atomo, ma non i nostri preconcetti; a programmare sempre di più le nostre vite, ma a realizzarci sempre meno, ad agire sempre più in fretta, ma non ad apprendere a vivere la speranza.

Viviamo in una realtà capace di costruire computer sempre più sofisticati e non so con quanti giga di memoria per conservare le nostre informazioni e produrre sempre più copie; una realtà che ha scoperto come comunicare con i più lontani e conoscere in tempo reale cosa accade nell’emisfero opposto al nostro, ma anche a comunicarci e relazionarci sempre meno con chi ci è vicino.

Siamo in un’era che proclama guadagni facili e pieni, ma anche relazioni sempre più vuote; l’era dei due o più posti di lavoro, ma anche della grande disoccupazione; delle grandi e lussuose case, ma anche degli accentuati divorzi e dei focolari distrutti; dei viaggi rapidi per conoscere sempre più, ma anche di un retto agire etico ormai estraniato dalle nostre coscienze.

E’ l’era che annuncia il Natale delle vetrine sempre piene, ma che svuotano del calore umano i nostri cuori. E così il mio desiderio di Natale è che quest’anno possiamo veramente convertirci alla Parola del Signore e cambiare stile di vita, per scoprire quanto sia importante passare più tempo con le persone che amiamo e valorizzare chi sta sempre al nostro lato.

Il Bambino Gesù che ri-nascendo chiede di abitare nei nostri cuori per montare la Tenda della fraternità e della condivisone, grida che in questo Natale possiamo regalare relazioni umane per tirar fuori l’essere umano che è in noi con la sua tenerezza. Le cose non sono essenziali, come questa economia ci fa credere, ma sono solo utili. Non dobbiamo demonizzarle, bisogna però imparare ad utilizzarle come un bene che ci aiuta a vivere meglio. Invece, esse diventano spesso una merce per generare solo profitto. Si, perché oggi non solo possediamo tantissime cose, ma spesso siamo possedute dalle cose.

L’economia della felicità ci rivela che la felicità non dipende dall’accumulo di tanti oggetti ma dipende dai beni relazionali. Se ci sono, allora siamo felici. Ecco dove sta l’essenziale: nelle relazioni umane. Le statistiche sulla realtà italiana, anche le più recenti, mostrano sempre l’aumento della fascia di chi è a rischio di povertà. Non raccontano mai che esiste anche una povertà relazionale, la quale supera altamente quella economica e si manifesta in varie situazioni umane di sofferenza: persone sempre più sole e abbandonate; anziani costretti a morire da soli; il disagio giovanile che è sempre più forte a causa della mancanza di relazioni umane e del sapore della vita, anche se i giovani hanno tutte le tecnologie dal tablet all’ultimo smartphone; adulti sempre più di corsa per aumentare il potere di acquisto ma svuotati del gusto di vivere e di calore umano; bambini costretti a stare sempre più soli davanti alla tv, ad internet e ai tantissimi giocattoli.

Nonostante che possediamo tanti oggetti e abbiamo a disposizione tanta tecnologia, siamo sempre più affamati e assetati di relazioni che esprimono l’affetto del calore umano, senza il quale non possiamo vivere. E questo viene reso concreto mediante un abbraccio, una mano data, un sorriso, un incontro, lo stare insieme, il condividere la vita, la tenerezza quotidiana, ecc.

Papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si, ci rivela che tutto nel creato è connesso, collegato e in relazione: il creato è una grande tela di relazioni e ogni creatura, soprattutto quella umana, è costitutivamente relazionale. Siamo quindi esseri relazionali e le relazioni umane sono il nostro ossigeno per vivere. Non dimentichiamoci di questa dimensione essenziale per poter vivere bene! Altrimenti, rischiamo di diventare dei morti viventi. Allora, in questo periodo natalizio dove tutti siamo impegnati a scegliere i regali da offrire, fa bene ricordarci che il più bel regalo siamo noi e non le cose. E questo regalo non è in vendita nei negozi. Si chiama amore e lo si concretizza mediante le relazioni umane vive, gratuite e ricche di calore umano.

Coraggio, allora, riprendiamo la forza di questo primo amore che Dio ha testimoniato e donato; regaliamoci relazioni umane autentiche! Non hanno prezzo, ma esigono che finalmente tiriamo fuori il nostro amore, senza più surrogati relazionali, facendoci diventare esseri umani: un dono l’uno per l’altro e non più solamente offrendo doni.

Vostro, Sac. Mario Pellegrino, missionario in Brasile