Riportiamo integralmente nota redatta dal difensore legale del Bar Helsinki, avvocato Pietro Casella, a proposito della vicenda legata alla revoca disposta dal sindaco Francesco Spina dell’autorizzazione all’utilizzo di suolo pubblico da parte dell’esercizio commerciale.

Nel circo mediatico, virtuale, liquido, compulsivo, ossessivo, frenetico e psicotico di questo periodo che pare non avere gravità  ed in cui casi, eventi, fatti, notizie, persone vengono “ingoiati”, “triturati e masticati”, e spesso, “sputati” come si fa con gomme o cicche per sigarette, ha tenuto banco in città e sui social, per volontà del Sindaco, il caso Helsinki.

Intervengo nella quaestio del bar Helsinki come legale del titolare.

Fatto: in data 07.10.2015 il sindaco, Francesco Carlo Spina ed il dirigente capo SUAP, avv. Rosanna Galantino, autorizzavano il titolare del predetto bar ad occupare l’area relativa alla piazzetta sita in Corso Umberto, angolo via Sonnino.

In data 20.03.2016, da un controllo effettuato dai vigili urbani presso il chiosco, emergeva una difformità prontamente contestata, riferita “solo” ai pannelli laterali in vetro, comunque removibili che avevano un’altezza di 1,90 a fronte di quella autorizzata di un metro. Dichiarava Rana Francesco nel verbale: “Prendo atto e provvederò ed eliminare le difformità”;

in data 15.04.2016 la dott.ssa Carmela Testa intimava diffida alla eliminazione delle difformità accertate, con avvio del procedimento di decadenza dell’autorizzazione, ove non vi fosse stata la rimozione del vizio entro quindici giorni (scadenza 30.04.2016).

La nota recava la firma del Sindaco Spina.

A questo punto, ex abrupto ed in modo inspiegabile, gli eventi precipitano: in data 19.04.2016 lo stesso Sindaco che “solo cinque mesi prima aveva firmato l’autorizzazione”, giungeva presso il bar con due volanti della polizia municipale e due assessori; riferisce il sig. Giuseppe Rana, padre del titolare che il Sindaco gli abbia detto: “Allora, lo togli?”. Al che egli avrebbe risposto che non aveva intenzione alcuna di rimuoverlo a fronte del cospicuo investimento fatto.

Simultaneamente sul profilo facebook del Sindaco e sui siti web locali appariva la notizia di una “già” avvenuta revoca della autorizzazione, concretante ipotesi di diffamazione a mezzo stampa del locale con contestuale comunicazione pubblica da parte del Sindaco della sua “idea”(!!!) o “nuova iniziativa”.

Il Sindaco, questo Sindaco,  definisce il “chiosco” Helsinki da lui autorizzato e firmato sulla base di regolare progetto ed istanza, una “occupazione obbrobriosa”, da trasformare in un’area verde con giostre per bambini.

Caduto improvvisamente da cavallo, , s’illumina “solo” su questo minuscolo “stretto” di cemento angolare, (Helsinki vuol dire “stretto” per chi non lo sapesse), ed annuncia la sua “nobile conversione”.

In data 20.04.2016, praticamente il giorno seguente (record di diligenza amministrativa), viene notificato (attenzione lettori), com’è ovvio, nota di avvio del procedimento di revoca per motivi di “interesse pubblico” e per la precedente difformità (quando non era ancora scaduto il termine per ottemperare del 30.04, e,  comunque, motivo giuridicamente insufficiente per una revoca, come meglio si vedrà).

Se la lettera di avvio del procedimento di revoca reca data 20 aprile, l’annuncio alla stampa è del 19 aprile. E, detto aspetto, può ed avrà rilevanza nelle sedi opportune.

Quindi, prima osservazione: Nessuna revoca, ma avvio del relativo procedimento.

Il resoconto dei fatti, a questo punto, ci può far dire dalla semplice lettura “caecus  caeco dux”, il cieco guida o comanda sul cieco, perché sinceramente, dalla sola narrazione, si intuisce che siamo in presenza di una colossale e deliberata “svista”, forse frutto di una strana ed incomprensibile fretta amministrativa.  

Ma l’indomabile spirito “controllore” del Sindaco e dell’ente, a quanto pare, non si è ancora placato. Come tutti sanno per esperienza “per i potenti i reati sono quelli che commettono gli altri” (N. Chomsky);

fortunatamente non è sempre così, e non finisce sempre così!

Immaginate per un attimo lo stato del giovane Francesco Rana: panico e incomprensione. Frastornato dalla rilevanza mediatica dell’evento, impaurito dalla prospettiva di vedere vanificato un investimento nato “per vivere dignitosamente” e dare anche una mano a qualche altro giovane, con la sensazione tipica di impotenza dinanzi ad una Autorità che solo cinque mesi prima gli aveva dato fiducia, per poi  trasformarsi in un “Demiurgo Assatanato”!

Cosa accade?

Il 22 aprile 2016 ancora! Ecco che i vigili urbani si ripresentano al chiosco ed elevano un verbale di contravvenzione al Codice della Strada per uno scavo sulla pavimentazione in asfalto, utile al passaggio dei cavi elettrici.

Ancora una volta comunicazioni amministrative ed articoli riportanti la notizia in modo da concretare verosimilmente anche il reato di violazione della privacy e diffamazione, con conseguente diritto, in quest’ultimo caso, al risarcimento dei danni morali ed esistenziali.

In questo momento, cioè alla data del 22 aprile l’unico ristoro e soddisfazione per la famiglia Rana giunge da una difesa, quasi popolare, contro Sindaco e Amministrazione, che parte da utenti dei social web pronti a scagliarsi contro codesta “azione politica”, sollevando quesiti e perorazione in favore del bar Helsinki.

Fin qui i fatti.

Ora esaminiamo gli aspetti giuridici.

Una premessa è doverosa: le difformità relative ai vetri sono state rimosse dal Rana in data 21 aprile, dunque ben nove giorni prima della scadenza, eliminando così il rischio decadenza. Di tale azione vi è anche prova fotografica datata.

Al momento in cui scrivo, l’Amministrazione non si è ancora periziata di verificare tale status.

Il signor Francesco Rana ha inoltrato tramite il sottoscritto una memoria difensiva nei termini di legge, incaricando il proprio legale di valutare l’opportunità di agire con denuncia-querela in sede penale, unitamente ad opportune azioni nelle sedi civile ed amministrativa per la tutela dei propri  diritti ed interessi coinvolti.

A parere di questa difesa l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione va annullato, anche previa indizione di apposita conferenza di servizi, così come è stato richiesto, per le seguenti ragioni in fatto e in diritto.

  1. Insussistenza dei presupposti del procedimento di decadenza;
  2. incertezza riguardo ai presupposti che hanno portato all’avvio del procedimento di revoca della concessione;
  3. infondatezza dell’avvio del procedimento di revoca ed eccesso di potere nei presupposti di fatto e di diritto, ingiustizia manifesta, sproporzionalità;
  4. lesione nella evidente tensione strutturale del principio di uguaglianza sostanziale e relative conseguenze.

Abbiamo già detto in merito a quanto concerne le difformità. Sono state rimosse nei termini. Viene meno, dunque, la minacciata decadenza, tra l’altro motivo di non revoca ex art 21 quinquies della legge 241/90 e s.m.i.

Veniamo ora al procedimento di avvio di revoca per “sopravvenuti motivi di interesse pubblico”.

In primis giova notare che la comunicazione di avvio del procedimento non è opportunamente motivata. È generica oltre a non esser stata preceduta dall’avvenuto accertamento della rimozione dei vetri, come detto.

Si cita una “intenzione?”, basata su di una nota sindacale, guarda caso del 19 aprile, di realizzare opere di arredo urbano con verde e giostrine. Tale nota sindacale non è mai pervenuta al sig. Francesco Rana, il quale ha appreso solo e prima dai media le ragioni della minacciata revoca. Tutto ciò manifesta un’azione amministrativa non conforme ai propri principi ispiratori, con conseguente penalizzazione sproporzionata nei confronti del privato cittadino. Il tutto per motivi non chiari e comunque inidonei a giustificare un interesse pubblico.

Un’artificiosa creazione senza presupposti dunque. Per il diritto amministrativo la citata “intenzione piazzetta”, fuori da una precedente attività di programmazione tra l’altro, incontra numerosi limiti, in quanto andrebbe inevitabilmente a scontrarsi con situazioni di manifesta irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà ed illogicità delle scelte.

La revoca, dall’oggi al domani, la presenza nello snodo di altre attività di somministrazione e via del genere assume i contorni di una scelta irragionevole che ha come conseguenze un danno ingiusto al privato che ha investito perché autorizzato!

Non verrebbe neppure rispettato il piano di massima occupabilità e di conseguenza quale massima soddisfazione sociale è oggettivamente rinvenibile da uno spazio cosi limitato, dalle sembianze di uno snodo di carreggiata?

Tra l’altro, la quaestio appare più grave laddove si consideri che a soli quindici metri di distanza dal chioschetto sorge un vero e proprio spazio. Non uno “stretto” ma un vero e proprio “spazio” di circa mille metri circondato da un muro fatiscente ed in stato d’abbandono, praticamente ideale onde far sorgere un’area adibita a verde e giostrine per bambini.

Posta l’importanza di contemperare sempre gli interessi meritevoli di tutela, non dobbiamo dimenticare che l’interesse pubblico non è esercizio intenzionale arbitrario, piuttosto implica un bilanciamento programmato degli interessi di una comunità di cittadini. Insufficiente appare dunque la nota sindacale in assenza di una tipizzata ed individuata attività di programmazione.

Aspetto sicuramente degno di nota è che il “programma piazzetta e giostrine per bambini sull’area bar Helsinki” non è stato previsto nel DUP (documento unico di programmazione) votato, tra l’altro appena in data 7 aprile 2016, per le annate 2016/2018.

Praticamente, il “capriccio illuminato” nasce subito dopo aver votato in aula la programmazione per la città. E quindi cosa dovrebbe prevalere tra la tutela dell’ interesse economico già attuato del privato e l’improvviso pensiero del sindaco di intervenire con tale irruenza in uno spazio così angusto? Ci chiediamo piuttosto perché la sua preoccupazione non vada ai parchi chiusi, ai parchi assenti, dal parco della Misericordia al parco S. Andrea?

Dato il manifesto travisamento dei fatti, icto oculi, è bene che il potere dell’amministrazione, onde non peggiorare il danno faccia un passo indietro e si arresti.

Questa difesa spera infatti in una forma di  “ravvedimento operoso”  da parte di  codesta amministrazione, dilapidatrice di risorse, già segnalata per le anomalie di bilancio dalla Corte dei Conti, per poi ergersi arbitrariamente a paladina di qualcosa che sfugge in danno di un indifeso e privato cittadino.

Questa storia, come tante degli ultimi anni finisce per lasciare un monito che resta di spietata attualità:

non si può conoscere la natura ed il carattere di un uomo fino a che non lo si vede gestire il potere” (Sofocle).

A buon intenditor poche parole.

Avv. Pietro Casella