“Sono diverse le persone che, appena terminato di scontare una pena detentiva, utilizzano le ore di ricevimento che l’Assessorato dedica ai cittadini biscegliesi per chiedere all’ente un aiuto nel trovare una nuova occupazione. Quando una di queste persone è arrivata a dirmi che se non avesse trovato lavoro, sarebbe tornata a delinquere, ho provato un dolore al quale sarebbe stato impossibile rimanere indifferente”. Così Roberta Rigante, Assessore all’inclusione sociale del Comune di Bisceglie, spiega la spinta che ha fatto nascere il progetto “Un’altra terra”, destinato ai soggetti in esecuzione di pena o che abbiano già concluso l’esecuzione di pena, con l’obiettivo di insegnare loro un nuovo mestiere, quello della coltivazione della terra, in grado di offrire maggiori possibilità di reinserimento nel mondo del lavoro riducendo il rischio di reiterazione del reato.

Il progetto è stato presentato ieri mattina a Bisceglie nel campo, situato in via Gavetino, che vedrà nove soggetti, beneficiari dell’iniziativa, piantare e coltivare ortaggi e spezie. I prodotti, una volta raccolti, saranno donati alle mense della Caritas diocesana per finalità solidali e per sostenere famiglie in difficoltà. “L’obiettivo è duplice”, chiarisce l’assessore Rigante. “Garantire il principio costituzionale del fine rieducativo della pena e garantire sicurezza alla Comunità riducendo la possibilità che chi ha scontato la propria pena torni a delinquere perché senza alternative”.

Così come in passato si è dimostrata essere una attività inclusiva e utile per soggetti socialmente deboli e/o emarginati, numerose esperienze sviluppate negli ultimi anni hanno fatto emergere i benefici nel coinvolgere anche i detenuti (ed ex detenuti) nella lavorazione della terra. I motivi sono facilmente intuibili: è un’occupazione che consente di lavorare fuori dai luoghi di reclusione, ma soprattutto che implica la necessità di occuparsi di esseri viventi che hanno bisogno di cura e attenzione. Un lavoro che non può quindi prescindere da un’assunzione di responsabilità verso terzi (e, di conseguenza, verso se stessi), che offre ai detenuti un progetto di vita, durante e dopo il carcere, mettendo in pratica la tanto disattesa riforma dell’ordinamento penitenziario (legge 354/1975) che rivide la funzione del lavoro dei detenuti non più in chiave “strettamente punitiva”, ma invece collocata in un complessivo “trattamento penitenziario”. 

I dati sono chiari: 7 detenuti su 10, all’incirca il 68,5%, alla fine della detenzione tornano a delinquere se il periodo di detenzione è stato espiato senza possibilità di inserimento lavorativo (numeri forniti dal Dap nel 2011). Il dato diminuisce notevolmente se si considera i soggetti sottoposti ad esecuzione che hanno avuto la possibilità di lavorare per conto d’imprese o di cooperative esterne, per i quali la percentuale di reiterazione del reato scende notevolmente tra il 12 e il 19 per cento.

“I nostri sistemi operativi sono sempre più fondati su un’azione di graduale ‘dislocazione’ delle pene e delle sanzioni nei contesti sociali nei quali le persone sono collocate nella ‘promessa di un reinserimento’, per perseguire l’assunzione di nuove responsabilità”, afferma il Direttore dell’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Puglia e Basilicata, Emilio Molinari. “L’intesa che si sta stringendo tra il comune, le istituzioni della giustizia, la Caritas e le imprese sociali, rappresenta lo spunto per la costituzione di una rete solidale e riparativa, in quanto unisce, da un lato l’acquisizione di abilità lavorative delle persone inserite nel progetto, e dall’altro l’affermazione del principio della restituzione simbolica nei confronti della collettività”.

Educare al valore della sconfitta, come scriveva Pasolini. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire una identità che ammette il fallimento e che indica il percorso per ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. “Con questo progetto, Terre solidali conferma l’attenzione a soggetti svantaggiati, quei soggetti che la società ignora, dimentica o addirittura evita accuratamente”, ha spiegato il Direttore della Caritas diocesana di Trani-Barletta-Bisceglie, don Raffaele Sarno. “Terre Solidali ha fatto una scelta di campo: essere vicina e compiere un percorso accanto a tutti coloro che hanno bisogno di un sostegno, un accompagnamento per uscire dalla loro situazione di emarginazione ed esclusione attraverso un settore di fondamentale importanza per il reinserimento: il lavoro. Parliamo di detenuti che avendo precedentemente operato un percorso di tipo criminale hanno l’opportunità di fare scelte diverse, che rispettino la loro dignità e quindi la loro capacità di rimettersi in gioco in maniera onesta e leale”.

Sarebbe sbagliato pensare, come comunità cittadina, che progetti come questo incidano positivamente solo su una porzione minoritaria della popolazione. L’agricoltura contadina, l’idea di strappare ‘fazzoletti di terra’ al degrado e all’incuria (o al cemento), per coltivare in maniera sostenibile, può essere, oggi più che mai, dopo la pandemia, sostenuta ed emancipata da quella macro-categoria di “industria alimentare” che tutto ha inghiottito. La Campagna Popolare per l’Agricoltura Contadina si batte dal 2009 per una legge che riconosca in Italia le realtà di micro-piccola scala e le sostenga con misure concrete. “Un’altra terra è un insieme di attività ed azioni utili a ridare speranza, un aiuto concreto in un momento difficile, una ripartenza nonostante le criticità in cui viviamo”, aggiunge a tal proposito il coordinatore del progetto Elsheikh Ibrahim. “La sinergia tra pubblico e privato attraverso la terrà darà una spinta positiva. Operatori e beneficiari, percorreremo insieme un sentiero di crescita verso il futuro”.

Le parole di Ibrahim ricordano come il processo maieutico (non socraticamente inteso, ma basato sulla reciprocità, come predicava Danilo Dolci) sia ciò che meglio corrisponde alla necessità della crescita singola e comune: “In un mondo in cui solitamente si finge per non rimanere troppo soli, emarginati, riducendoci, così, frammentati, lacerati, senza identità profonda, il processo strutturale maieutico, destando la creatura dal profondo, consente a ognuno di identificarsi” (La struttura maieutica e l’evolverci, 1996). Proponendosi l’attuazione dell’interesse personale e collettivo, la struttura maieutica aiuta ognuno a schiudersi: nuove esperienze, idee ed emozioni fecondanti si incontrano.

“Un’altra terra” è promosso dal Comune di Bisceglie e organizzato in partnership con Caritas diocesana di Trani-Barletta-Bisceglie, Terre Solidali Impresa Sociale, UiEPE (l’ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna) di Puglia e Basilicata, il contributo del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Puglia. Il percorso prevede anche azioni di formazione ed accompagnamento al lavoro autonomo, azioni che saranno curate da I.for Pmi Prometeo, organismo formativo accreditato. Il progetto è realizzato congiuntamente al progetto “Apprendimento on the Job in agricoltura” promosso dall’Ufficio del Garante Regionale dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della regione Puglia e al progetto denominato “Start” sostenuto dalla Caritas diocesana attraverso il fondo 8xmille Cei.