Oggi, 15 maggio, ricorrono i 77 anni dalla Nakba – parola araba che significa “catastrofe” – con cui il popolo palestinese ricorda l’espulsione forzata di oltre 800.000 civili nel 1948, in seguito alla nascita dello Stato di Israele. Intere famiglie furono costrette ad abbandonare le loro case, i loro beni, i luoghi dell’infanzia e della memoria, dando inizio a una diaspora che ha frammentato la popolazione tra Israele, Giordania, Libano e Siria.

Nonostante il riconoscimento formale del diritto al ritorno da parte delle Nazioni Unite, questo diritto è rimasto disatteso. Molti dei profughi palestinesi custodiscono ancora le chiavi delle case perdute, simbolo di una speranza che resiste nel tempo.

Settantasette anni dopo, la tragedia si rinnova. A Gaza è in corso una nuova catastrofe umanitaria: oltre un milione di persone sono sfollate, alcune per la seconda o terza volta, costrette a vivere in condizioni estreme, prive di accesso a cibo, acqua potabile e cure mediche essenziali.

In un comunicato diffuso il 7 maggio 2025, Erika Guevara Rosas, direttrice delle ricerche e campagne di Amnesty International, ha espresso profonda preoccupazione per la situazione nella Striscia: “Dopo due mesi di assedio totale, l’intenzione dichiarata da Israele di espandere l’offensiva militare e consolidare l’occupazione illegale potrebbe rappresentare il colpo finale alla sopravvivenza del popolo palestinese”, ha affermato, parlando apertamente di genocidio in corso.

Dal mese di ottobre 2023, oltre il 70% del territorio di Gaza è soggetto a ordini di evacuazione. Israele continua a impedire l’ingresso di aiuti umanitari vitali, in violazione del diritto internazionale, che impone agli Stati di proteggere i civili e garantire l’accesso agli aiuti in situazioni di conflitto.

La maggioranza della popolazione di Gaza è costituita da discendenti dei sopravvissuti alla Nakba del 1948, che oggi si trovano a vivere un dramma aggravato da decenni di occupazione militare, blocchi economici e sfollamenti sistematici. Le attuali politiche israeliane rischiano di rafforzare un sistema di apartheid e annessione illegale, denuncia la società civile internazionale.

A Bisceglie, il gruppo “Reti dei diritti” continua a mobilitarsi per la giustizia, la pace e il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese. Il 23 dicembre scorso, il Consiglio Comunale di Bisceglie ha approvato una mozione promossa dalla sezione ANPI “Michele D’Addato” e sostenuta da ARCI “Oltre i Confini” per chiedere il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina.

Bisceglie, città gemellata dal 1999 con Khan Younis su iniziativa dell’allora sindaco Franco Napoletano, rinnova il suo impegno concreto e morale al fianco del popolo palestinese.

Un impegno che – come dichiarano gli attivisti – non si fermerà finché anche un solo civile sarà sotto assedio.